“La suora”: storia di storie che vivono poco

Il mio romanzo – forse un giallo – “La suora” è…
è la storia di un amore spezzato, interrotto, vietato, calpestato…
è la storia di un altro amore, quello del protagonista Romolo Strozzi per Nora (suor Beatrice), ma si tratta di un’ossessione amorosa, un amore impossibile, forse, ma quando tu, di un amore impossibile, aggiungi “forse” si apre comunque un piccolo spiraglio di luce…
ed è, anche, la storia di un omicidio brutale, ma al tempo stesso comprensibile: un omicidio, può essere comprensibile?…
Ed è anche, La suora, un libro sulla voglia, sul desiderio di vivere in un luogo dove, quando ti addormenti, guardando la finestra puoi vedere un monte con gli abeti innevati innevati, lontano insomma da città morte e coprifuoco di oggi (lockdown) o di ieri (fine della guerra, con regolamenti di conti)…
Ed è anche un po’ autobiografico: ho tante affinità con Romolo Strozzi. Non ho radici, io, ma luoghi a cui sono legato. E mi piace addormentarmi sentendo il “suono” dell’acqua di un fiume che scorre.

Come Nora (insomma La suora) è un’ossessione per il protagonista del libro, Romolo Strozzi, così questo libro è diventato, più di tutti gli altri, un’ossessione per me.
Se pubblichi con un piccolo editore certo che lo sai: non arrivi da nessuna parte.
Nessun Corriere ti recensirà, nessuna libreria ti esporrà in vetrina, nessun concorso letterario prestigioso ti prenderà in considerazione (e tu lo iscrivi, il tuo libro, a concorsi vari, cosa che non avevi mai fatto in passato, perché ci tieni che si parli de La suora, solo per questo: non ti importano né i soldi né le cerimonie di premiazione: quando salgo su un palco non vede l’ora di scendere).

E l’ossessione si traduce nel controllare ogni giorno la classifica su Amazon (a quasi un anno di distanza dalla pubblicazione ogni tanto qualche acquisto, certo sporadico, comunque c’è: nel cartaceo e negli e-book), nel verificare, poi, se qualche premio ti ha preso in considerazione (il Monti, per adesso), e nel chiederti In fondo hai 66 anni, un figlio piccolo (13 anni da gennaio) e tutto il giorno è pieno di impegni lavorativi (infovercelli24, la testata che dirigo)…
Certo che sì: finché campo mi sa che sognerò di diventare uno scrittore talmente famoso da poter fare a meno di presentazioni, profili facebook, recensioni.
La mia scrittura, questo blog, magari una baita in montagna, la stessa in cui vive Romolo Strozzi, o una casa che si affaccia sul lago d’Orta, così da poter salutare, ogni mattino al risveglio, Nora…

Era già successo. Dopo aver scritto La donna di picche mi ero detto: scriverò ancora un libro se sarà all’altezza o de La donna di Picche o di Bastardo Posto… Sì, alla fine, mi son detto che sì, La suora è all’altezza di Bastardo Posto e de La donna di picche: due libri, comunque, dimenticati, da archiviare.

Scrivere è anche questo: storie che vivono poco, come certi cani che però rimpiangerai per tutta la vita…

2 pensieri su ““La suora”: storia di storie che vivono poco

  1. La necessità di promuovere i libri, dopo averli scritti, è la faccia triste della scrittura. Capisco bene il sogno di Remo di essere talmente famoso da poterne fare a meno. Ma, a giudicare dal gran da fare che si danno anche autrici e autori di bestseller, è solo un bel sogno. Purtroppo.
    Comunque, io distinguerei tra vendere ed essere letti. Mi consta che i libri passano di mano in mano, da madri a figlie e viceversa, da una sorella all’altra, circolano tra amiche. Sì, conosco più lettrici che lettori. (Io preferisco regalarli, i libri).
    E poi ho scoperto un fenomeno che mi ha rattristato: persone insospettabili, che leggono tanto, scaricano copie digitali pirata dei libri (non voglio sapere come e dove). Perché un libro, dicono, costa tanto. Meno di pizza e birra, dico io, ma non credo di avere convinto nessuno. Insomma, si può sapere quanto si vende, non quanto si è letti: e non è certo una consolazione.
    “La suora” e gli altri due libri che hai citato meriterebbero di non essere dimenticati e io mi auguro che non lo siano.

  2. La necessità di promuovere i libri, dopo averli scritti, è la faccia triste della scrittura. Capisco bene il tuo sogno, Remo, di essere talmente famosi da poterne fare a meno. Ma, a giudicare dal gran da fare che si danno anche autrici e autori di bestseller, è solo un bel sogno. Purtroppo.
    Comunque, io distinguerei tra vendere ed essere letti. Mi consta che i libri passano di mano in mano, da madri a figlie e viceversa, da una sorella all’altra, circolano tra amiche. Sì, conosco più lettrici che lettori. (Io preferisco regalarli, i libri).
    E poi ho scoperto un fenomeno che mi ha rattristato: persone insospettabili, che leggono tanto, scaricano copie digitali pirata dei libri (non voglio sapere come e dove). Perché un libro, dicono, costa tanto. Meno di pizza e birra, dico io, ma non credo di avere convinto mai nessuno. Insomma, si può sapere quanto si vende, non quanto si è letti: e non è certo una consolazione.
    “La suora” e gli altri due libri che hai citato meriterebbero di non essere dimenticati e io spero tanto che non lo siano. Suerte!

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