Io non so che aria si respiri a Roma, Milano, Torino, Napoli, Palermo, Bari. A Torino ci son stato un po’ di tempo fa, a vedere Torino-Fiorentina. Poi sono andato alla Feltrinelli, poi a cena con un mio amico scrittore e giornalista.
Ho visto la Torino di sempre, ma una mezza giornata non basta certo.
Qui a Vercelli ieri sera c’era una festa multietnica.
C’era un clima disteso.
C’era anche una grande esibizione di kung fu, con delegazioni cinesi in visita. Alcuni radicali hanno manifestato, esprimendo la loro solidarietà ai monaci tibetani.
Però ho sentito questo racconto.
Una signora, pensionata, va al supermercato. (Siamo in un centro di 10mila abitanti).
Uscendo incrocia il solito vu cumprà. Le mostra della calze di spugna, lei le calze di spugna non le ha mai messe in vita sua, e così, educatamente, dice al ragazzo che non ha più l’età per quel tipo di calze e che se la prossima volta lui avrà altro lei magari acquisterà qualcosa.
I vu cumprà, si sa, son noiosi a volte.
Chissà cos’ha avrà pensato la signora quando ha visto che il ragazzo le è andato dietro, avrà pensato, la signora, immagino io, questo vuol farmi perdere tempo proponendomi chissà quale chincaglieria.
Invece le ha detto: Grazie signora per aver parlato con me, da un po’ di tempo ci guardano tutti male.

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Ciao, Max.
che dire Remo, io vivo in una famiglia ormai ridotta ai minimi termini e comunque colorata.
un’esempio piccolo piccolo? ieri sera esco, vado al bar per l’aperitivo e la ragazza del bar mi saluta riempendomi di complimenti. con me c’era un amico che non è del posto. usciamo e trovo al tavolo due dei miei veterinari e ci fermiamo a parlare di Arturo, il mio cane fantastico al quale han dovuto fare la puntura. Fabio mi sorride e racconta di come si sia presa la decisione migliore. ricordiamo che, quasi due anni fa, quando con mamma anche loro -amici- guardavano gli esami di mio padre dissero che non c’era più nulla da fare. Arturo ha seguito il padrone con lo stesso male insomma e la differenza è che il cane era vecchio mentre il padrone no. sorridiamo ricordando episodi simpatici legati a lui. andiamo in pizzeria. io e il mio amico ceniamo: esce il titolare e, appena mi vede, si sofferma a parlare con me raccontandomi di quando era giovane e appena arrivato da Roma solo babbo gli sorrideva. diceva, con sua moglie, quel signore non è di qui, quello non è bigotto ma diverso! un’ora a parlare col sorriso di lui.
oggi mia sorella convive già da più di tre anni con un ragazzo cubano di origini africane. insomma nero nero e tanto caro.
all’inizio la gente, quando era in negozio con mia sorella e mio padre, gli diceva – non voglio niente, grazie – senza capire che faceva una gran figura di merda.
anche noi, ridendo, dicevamo -Luis non ci serve niente, grazie, puoi andare!-
segno dei tempi? noi andiamo dove vogliamo: tutti ci voglion bene ma restiamo ancora “scuriti” agli occhi di qualcuno. esempio tipo -oh, visto la figlia di Lelle? va con quello nero nero…e pure il cugino, il figlio dello zio, quel consigliere comunale e ingegnere… oh gli vuole bene, stanno spesso insieme tutti… visto come si è sistemato il tipo… “- e questo, immagino, è il meno perchè fin qui ci si fan sentire.
dopo sibilano. chissà a quali allusioni da frustrati arrivano.
mio padre, saggio, diceva -la gente parla. allora? a te che te ne frega? –
persino qui ci son le perturbazioni Remo.immagino in una cittadina.
Paola Cingolani
rossa
cavolo, che inquietante, illuminante segno dei tempi
A Varese certe cose non cambieranno mai, certi pensieri, certe idee, certi atteggiamenti. Ma noto con immenso piacere che da pochi anni c’è un’alternativa, una crescente coscenza di un mondo più grande e più vario lì fuori, un crescente numero di iniziative culturali che vanno dallo joga alle lezione di tamburo africano. Le strade non sono più vuote alle 22 del sabato sera, c’è vita, voglia di uscita, voglia di incontro. Ci sono concorsi letterari concentrati sulle tematiche di immigrazione, delle diversità, ci sono feste etniche, un senegalese ora può lavorare cucinando i suoi piatti in case private per feste, la communità bangla può fare festa indisturbata.
Ripeto: la Varese di sempre c’è ancora, i seguaci del senatur ci sono eccome, ma c’è anche altro, e si sente la differenza della qualità dell’aria che si respira.
pesante, pesantissimo.
io ho una lieve paura, da quando hanno bruciato i campi rom a ponticelli.
lieve ma persistente.
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Ciao, Max.
Anche qui da me, a un centinaio di chilometri da Vercelli, provincia diversa (Pavia) ma dalla simile tipologia, è tutto un moltiplicarsi di iniziative interculturali: dalle scuole alle amministrazioni comunali, si propongono festival, cene, incontri con scrittori immigrati dal titolo “Lo straniero come risorsa”, ecc. L’evento più importante doveva essere, lo scorso 22 maggio, “La notte del dialogo interculturale”, evento organizzato in contemporanea in altre città di 37 paesi europei e della riva sud del Mediterraneo. La data era stata scelta a livello internazionale e così nessuno aveva pensato che a Pavia capitasse proprio in coincidenza con la festa di Santa Rita e che proprio la piazza scelta per la manifestazione fosse una delle tappe obbligate della processione, con tanto di inno alla santa eseguito dalla banda municipale di una città brianzola. Risultato: all’ora del passaggio della processione, sono stati sospesi per una decina di minuti il concerto di musica araba e le danze etniche e la banda ha potuto suonare il suo inno, poi il parroco che guidava la processione ha salutato i partecipanti alla serata interculturale, tra cui due delegazioni di giovani provenienti dalla Tunisia e dal Marocco che guardavano incuriositi il baldacchino infiorato su cui veniva portata la santa. Per la cronaca, i partecipanti alla processione erano decine di volte più numerosi di quelli della festa interculturale, come è naturale, ma, di questi tempi, il fatto che tutto sia potuto avvenire senza che nessuno dei due gruppi si sia sentito espropriato di uno spazio e che si sia potuto condividerlo, forse non è più una cosa così scontata.
Scusate se sono stata lunga, non ho le capacità e lo stile di Remo nel raccontare… ma confido nella vostra pazienza.
Ciao a tutti,
Barbara
a tal proposito sono in cerca d’un grande editore per il mio nuovo romanzo.
bé sai remo, è un annetto ormai che va avanti qui a milano la storia con i rom, zingari, sinti, eccetera. definiamoli “nomadi negli accampamenti” perché ce n’è di varie razze tra cui quella italiana.
molti di quelli schedati o fermati hanno la cittadinanza, come noi, quindi il problema è diverso da come lo pongono.
eppure un anno fa circa è stato bruciato il campo rom di Opera (paesotto attaccato alla periferia), la gente si accalcava per gridare “non li vogliamo più qui! era ora! diminuiscono il prezzo delle case..” e via dicendo.
non ci sono le ronde padane, cribbio, a milano no, non ancora e forse mai spero.
ma si ripetono come fotocopie gli sgomberi senza curarsi dei bambini piccoli, senza fornire alloggi dopo, senza distruibuire acqua e latte per i piccini durante le operazioni.
sono cose molto gravi, credo.
non c’è la stessa violenza del branco di Roma, non c’è l’occhio per occhio, ma quando in quei posti arriva gente come Prosperini o i suoi amici leghisti puri sono cavoli amari.
sottanoni di merda, zingari di merda, che vadano a casa loro eccetera. solo questo sanno pensare.
e dicono.
facciamo finta di niente, anzi molti credo che siano contenti.
nei CTP (ora ne fanno un altro qui) possono trattenerli per accertamenti da 6 mesi a 18, mi pare.
credo che si dovrà scendere in piazza se la violenza aumenterà, in tanti, o fare cose alternative in politica, che qualcuno risponda insomma.
altrimenti entriamo in una dittatura in silenzio?