Pressoché quotidianamente… oppure è meglio dire Quasi ogni giorno…?
In un suo libro, non ricordo quale, Pansa racconta i suoi primi passi da giornalista.
Sbarbatello, lo prendono alla Stampa e gli fanno correggere i pezzi che arrivano dai vari collaboratori.
Un giorno arriva un articolo.
Inizia così: Pressoché quotidianamente…
Pansa corregge: Quasi ogni giorno.
Il direttore de La Stampa, Giulio De Benedetti, casualmente si accorge della correzione apportata dal giovane Pansa a quel pezzo.
Lo chiama. Gli dice: lei diventerà un bravo giornalista.
Allora, pressoché quotidianamente oppure quasi ogni giorno, mi succedono due cose.
La prima.
Mi alzo, mi lavo, controllo la posta elettronica, mentre aspetto che la caffettiera finisca di borbottare e mi offra il primo caffè, e mentre dico al cane di non farmi perdere tempo, infine esco. Nove volte su dieci devo tornare indietro, che ho dimenticato o gli occhiali, o la chiavetta con cose mie, o il nettapipe ché senza nettapipe la pipa non la si può fumare, oppure il cellulare. Oggi è il turno del cellulare.
La seconda.
E quasi ogni giorno (sei giorni su sette), mentre vado a lavorare mi fermo sempre al solito bar.
Sono due anni, ormai, che quasi ogni giorno (sei giorni su sette, ferie loro o mie escluse), vado sempre lì. Pressoché quotidianamente, prendo sempre un caffè senza zucchero, sempre, sempre, e poi ancora sempre. Mai nessuna variante, tipo macchiato, lungo, corto, oppure oggi facciamo un marocchino oppure un cappuccino oppure oggi caffè e un bicchier d’acqua.
Però il titolare del bar, sei giorni su sette, appena mi vede, dopo avermi salutato, Ciao, Ciao, Tutto bene? Tutto bene, mi chiede: Un caffè Remo?
No, una minestra.
Un giorno su sette, invece, che corrisponde al giorno di chiusura del solito bar, il secondo caffè della giornata, sempre amaro, senza varianti tipo lungo, corto, macchiato, in tazza fredda, lo prendo invece in un bar in piazza. La ragazza, ormai, sa.
Ciao.
Ciao. E mi fa il caffè. Bevo, pago.
Ciao.
Ciao.
E vado. E se va bene mi accorgo che devo tornare a casa. Il cane, ormai, ci è abituato, non me le fa le feste. Sa già, lui, non c’è bisogno che gli spieghi, che, pressoché quotidianamente, dopo il secondo caffè, di fretta perché sono in ritardo. torno a prendere qualcosa che ho dimenticato.
(… dimenticare di andare a prendere mia figlia all’asilo, ma era un padre giovanissimo, avevo 26 anni, mi capitò credo due volte, tre al massimo).
sì lo so: va di palo in frasca, questo post.
ma è lunedì.
buona giornata

Le abitudini talvolta rincuorano, sostengono, talvolta diventano strette all’improvviso. Di “bar sotto cass” ne ho più di uno, dato che mi sposto ogni giorno per lavoro. Quello vero, dietro l’angolo proprio, ha da poco cambiato gestione e pelle; da anonimo ma accogliente bar qualunque si è trasformato in uno di quei locali molto fashion, molto trendy, con la veranda con i cactus che nemmeno in Arizona, le tovagliette a tre strati in nuance e le tazze da cappuccino grandi quanto quelle di un caffè. Mi è dispiaciuto.
Ciao Remo.
Quasi ogni giorno, ma davvero, quasi ogni giorno, io mi scordo le chiavi della macchina sulla scrivania. Però me ne ricordo quasi subito, è una gran fortuna. Di solito quando sto ancora in ascensore. Allora arrivo a terra e ritorno su. Una volta sono arrivato a terra e, quando le porte dell’ascensore si sono aperte, fuori ci stava una signora che voleva entrare. Per salire, no? Si capisce. Allora io non ci ho avuto il coraggio di fare finta di niente e ripigiare il dischetto col numero del mio piano come se la signora non esistesse nemmeno: così sono uscito dall’ascensore, le ho fatto un cenno col capo di quelli che si fanno e ho finto di incamminarmi verso il portone. Ho aspettato e poi sono tornato indietro. Ho richiamato l’ascensore. Ho rifatto la salita. Sulla porta di casa, sull’uscio, ci ho trovato mia madre con le chiavi della mia macchina in mano. Mi ha detto: “E sennò io che ci sto a fare?”. Sono piccole le cose che fanno mamme le mamme.
Buona serata.
[Ste]
bello questo post frascarolo o frascheggiante, (magari fosse anche frescheggiante),
Remo, metti ‘na ventolona nel tuo blog così uno s’illude d’esse ni nun paese ‘sotico, tipo India 1896, colle cameriere bellissime indù che girano col sari e ‘mbelico de fora e gli portano un long drink favoloso, e uno tutto si fantastica di uscire poi coll’elefante in gita
e poi, invece, ‘na tigre lo sbrana,
e così finisce tutto a schifio,
e neanche il caffè s’è bevuto,
porcoboia
Mario
quasi ogni giorno.
un abbraccio
E.
I tuoi post non saltano mai di palo in frasca, sono come te. Lunghe pause, cambi di discorso, ma il filo è sempre lo stesso. Un filo che vale la pena seguire :-)
Laura
magari il povero barista avrebbe bisogno anche lui d’una botta di vita, no? prova a chiedere una ‘mezza con panna e brioscia’ la prossima volta e allietagli la giornata!
bel post.
come gli altri, eh. però il barista che chiede un caffè? mi piace. potresti volee un cappucccino, che so.
Quando vuoi. Ciao!
non resta che venire dalle tue parti e provarlo.
ciao monia
La moretta fanese è questa.
http://www.enotecaricci.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=3
Quoto Solimano su Pansa.
Per Monia: è un detto popolare, che ti vendo com’è stato venduto a me. Il caffè è un piccolo piacere che ci si può offrire tra vicine di casa, tra colleghi e conoscenti.Anche una persona semplice e non ricca può godere dell’invitare qualcuno a sedersi comodo e sorseggiare tranquillo e sentirsi “servito”. Costa poco e fa sentire bene.Lo dicevano le donne d’una certa età, quand’ero ragazza, che non facevano quella gran vita mondana, ma trasformvano una pausa in un lusso. In fondo bastano un tavolo, una sedia comoda o una poltrona, un vassoio e ci si può sentire un Re( o una Regina) allora perché privarsene e berselo in piedi pronti a scappare” ( anche se qualche volta al bar lo faccio, ma perché non ho tempo o il contesto non è rilassante e non mi va di sedermi).
Remo: mai più di 4 caffè al giorno. O passa al decaffeinato, che è buono. Caldo, ma mai bollente e mai bestemmiando, ma in pace con il mondo. Pigliala con filosofia, che la vita è una bugia. Ogni tanto fatti un bicerin per cambiare, o fatti offrire un marocco da Giorgio :-)
bene, ho deciso.
oggi faccio un post sul capoinbì.
che è prettamente triestino, cosicché oltre monfalcone nessuno lo conosce.
secondo me non è che ci si perda un granché, ma qui c’è una specie di culto per questa cosa..
vado e scrivo.
ciaaaao
Non ho stima per Pansa e dico il perché, con una premessa: ancora quasi con le braghe corte, sfilai contro l’intervento russo in Ungheria, fra gli insulti dei trinariciuti di allora, che magari oggi sono sempre trinariciuti, ma belusconici.
L’operazione dei libercoloni di Pansa nasce da cose vere: le guerre civili hanno sempre code d’odio velenosissime. Ma quando in TV, con dati di fatto, a Pansa dissero che nella Spagna di Franco e soprattutto nella Francia di De Gaulle, subito dopo la liberazione, successero uccisioni molto maggiori, tre o sei volte tanto, Pansa rimase a bocca aperta e non sapeva che dire.
Ci si aggiunge che è del tutto scorretto mischiare dati di fatto reali e costruzioni fantastiche: faccia l’uno o faccia l’altro, non si può giocare a briscola con le regole del tresette, se in mano si hanno dei tre o dei due. Ma cosa si fa per le tirature? Il Maramaldo, ecco cosa si fa. Difatti l’ha capito e ha detto che smette, ma rispetto per sé stesso credo che ne abbia ormai poco. Dov’era, Pansa, negli anni in cui essere di sinistra senza essere comunisti era così difficile? A impartirci lezioni di ogni tipo, magari facendo il gramsciano. Crociani, gramsciani e vaticani si somigliano tutti, gente sempre alla ricerca del padrone più à la page. Difatti si vede: basta arrivare a Chiasso, e nessuno li considera più.
Glorie farlocche di un povero paese.
grazie Remo e saludos
Solimano
la frase più bella sul caffè penso l’abbia detta Giovanni 23, he amava berlo bollente.
Il caffè si bede bestemmiando.
@red,
quando giocavo a bowling sapevo benissimo che non avrei passato controlli antidoping
@laura,
come ti capisco, odia anche io parlare al mattino.
@monia,
la moretta fanese, ho cercato su google cos’è. speravo fosse una marca di caffè. sono in crisi sulla marca. fino a due anni fa nei negozi dell’equo e solidale c’era il Nicaragua, forte. ora si trova un altro Nicaragua, che è pressappoco come altri, noti. così certe notti mi faccio del thè nero.
@ Flavia.
Com’è questa storia che a bere il caffé in piedi si diventa poveri? Se c’è una cosa che odio è bere il caffè in piedi. Vuoi vedere che il mio inconscio è più conscio di me?
@ tutti
Una volta una rivista, forse Focus, fece una specie di inventario di quanti modi ci sono di bere un caffè: non mi ricordo a che cifra si arrivò…
Per quanto mi riguarda da quando ho scoperto la “Moretta” fanese è tutta un’altra storia.
Saluti.
Io pressochè quotidianamente vado nella solita pasticceria a far colazione. Mi siedo, apro il Corriere della sera e dopo un minuto arriva il mio caffè macchiato e la mia brioche. Senza chiedere e senza variazioni chè io la mattina prima delle dieci non ho nessuna voglia di fare conversazione. Pressochè quotidianamente.Un bacio L.
ah, mi sono stufata di non vedere l’orario.
sono le 6,44!
remo, sai che dopo il settimo caffè non supereresti l’antidoping?
no, te lo dico così, per dire.
chissà che non ti venga in mente di partecipare a qualche gara ufficiale a fine giornata.
Io sono contento di non dover chiedere niente ma di vedermi arrivare il caffè nella tazza senza cucchiaino (ché anch’io lo bevo amaro) ogni giorno. A volte (e non “pressoché quotidianamente”) mi diverto a cambiare per sentire la barista chiedermi “Ale? C’è qualcosa che non va oggi?”.
red,
non mi son dilungato prima, ma hai colto.
la ragazza mi dice ciao perché non mi conosce.
sul mio abbigliamento mi sa che prima o poi faccio un post. mica per l’abbigliamento, per gli equivoci.
flavia,
io mi gusto almeno dieci caffè a al giorno. un napoletano mi ha detto un giorno, Mai meno di tre, mai più di centotré.
Anche mio padre mi dimenticò, una volta. Avevo 17 anni e lui aveva partecipato a due mostre estemporanee contemporaneamente. Ebbe un premio sia in un luogo che nell’altro, per cui in uno portò me a ritirare al posto suo e all’altra premiazione andò personalmente. Poi tornò a casa con un amico, dopo aver chiacchierato a lungo, pure…:-)
Io restai lì con la mia targa e il quadro in mano, seduta ad un tavolino che gentilmente qualcuno mi lasciò, smantellata la festa. Vestita anch’io da occasione speciale, a giocare con i tacchi nella ghiaia, pensando che comunque, giunto a casa, mia madre gli avrebbe imposto di venire a ritirarmi. Gente con i piedi ben saldi per terra e la testa ben conficcata nelle nuvole!:-)
Per quanto riguarda il caffé, una pignola come me ha di quei rituali arzigogolati, iniziamo dal primo barocchismo: al mattino miscela Vergnano arabica/orzo con la moka e cornetto. Dopo pranzo un caffè decaffeinato. Al pomeriggio, se sono in centro, caffè caldo o freddo ma seduta, che a bere in piedi si diventa poveri ( e non è il caso di versare sale sulle piaghe:-). Alla sera, decaffeinato lungo. Sorseggiato pensando alla notte e al domani. Le minuterie, Remo, son le vere godurie della vita!
con il lavoro che faccio, il “pressoché quotidianamente” non esiste visto che ho turni sempre diversi e di conseguenza decine di Bar dove decidere di far colazione a differenti orari, alle 5 bar del dopolavoro di rimini – buone le paste,il caffè così così, alle 5,45 bar stazione sempre di rimini buono il caffè, le paste così così, alle 6,30 pasticceria Leo, ottime paste ottimo caffè alle 7 bar di fronte alla stazione di faenza (sconsiglio vivamente quello all’interno), ottime paste e ottimo il cappuccino e discreta cortesia da parte dei gestori – un po’ caro però – ma quando sono a casa non ci sono dubbi, il caffè lo prendo in centro, alla creperia, piccolo bar( tutto ottimo, dai prodotti ai rapporti umani) situato in una piazzetta detta delle “poveracce”, un tempo piazza mercato delle vongole, vicino c’è la libreria riminese, l’unica che ha ancora una parvenza di libreria classica dove puoi tranquillamente “spiluccare” ed incontrare amici di fronte c’è un forno che fa dell’ottima spianata “calda”, e a fianco un piccolo negozio d’abbigliamento gestito da amici che sono tutt’altro che lo stereotipo del commerciante…insomma quando a fine primavera vengono sistemati i tavolini nella piccola piazza posso trascorrere anche alcune ore, in modo davvero piacevole… quando non lavoro, ripeto… spero che qualcuno ringrazierà per questa pubblicità del tutto gratuita. Ciao e buonanotte, che domani, pardon oggi, non lavoro!
Io,fossi il cane,sarei offeso che non mi porti mai a passeggio.
…
,)
è anche un problema di ruoli, remo
tu forse sei conosciuto come l’amico di tutti
io invece soprattutto per la mia professione
e quindi con un certo distacca…
in ogni caso… nei bar prevale il saluto distaccato…salvo che non vi sia conoscenza diretta
gea,
però scommetto che non esci mai senza sigarette: le solite camel?
@che strano redPasion.
l’anno scorso mi soprese la Puglia.
entravi in un bar, metti a Tricase o Specchia, e ti dicevano buongiorno, se non ti conoscevano.
entravi una seconda volta ed era subito ciao.
magari è pugliese, la ragazza.
@annalisa,
leggi i miei libri: quindi basta e avanza.
io ristretto, amaro.
e poi sigaretta.
e nel bar vicino a dove lavoro me lo preparano quando mi vedono parcheggiare.
oggi ho scordato il cellulare.di solito sono scartoffie (freudiano?)
figli mai.
una volta sono uscita col guinzaglio senza cane, però.
vale?
:-)
Ma se io adesso, in questa accolita di caffédipendenti, scrivessi che non bevo, non amo, rifiuto il caffè?
Pressoché, che succede?
pressochè quotidianamente, praticamente ogni giorno, tranne al sabato e alla domenica, mi alzo alle 6,30 e faccio il mio primo caffè con la mia macchinetta espresso. rigorosamente stretto, doppio e soprattutto amaro. mi fumo una sigaretta chè è di rito. piglio le medicine anche. poi mi doccio, mi preparo e alle 7,50 son sul treno dei pendolari. alle 8,15 – 8,20 sono in torrefazione per il mio espresso … amaro e corto, al vetro. sempre. il rituale si interrompe solo se mi sveglio tardi dunque se è sabato o domenica. di fatto, però, anche se mi sveglio tardi, la prima mossa è verso la macchinetta del caffè. può essere anche l’ora di pranzo: caffè amaro, medicina e sigaretta son riti dai quali non si prescinde.
il cane mi circola attorno con la micia: vogliono crocchette e coccole mentre io faccio colazione e ne pigliano, quante coccole pigliano !
fino a 2 anni fa, pressochè ogni giorno, questo rito lo compivo con mio padre accanto: lui faceva colazione col suo caffè quasi amaro ma aveva un vassoio fiorato sul quale mamma, oppure io, gli appoggiavamo la tazzina. si stropicciava gli occhi anche e diceva “cazzo quanto ho sonno oggi…” e si riferiva agli anni in cui, prima, si era sempre alzato alle 4 del mattino. lo ha fatto per più di 40 anni, da quando, terminato l’avviamento, ne aveva solo 14. e lavorava, tanto, fino a notte tarda restando a controllarsi le fatture e la contabilità. pressochè quotidianamente, per oltre 40 anni.
Paola Cingolani
14 o 15 anni fa accompagno il maggiore dei miei figli – avrà avuto 10 anni – in palestra per l’allenamento di pallavolo, con Luca -ilmio secondogenito – di 3 anni… entriamo in palestra, Luca comincia a scorrazzare tra le tribune deserte ed io mi metto a chiacchierare con un amico che dopo poco mi fa: ” stefano, verresti con me da… devo ritirare una cosa”…d’accordo – “faccio io” e andiamo. Tre quarti d’ora dopo torniamo in palestra e di colpo ” caspiterina – non sono sicuro che fosse proprio questa l’esclamazione – Luca!!?? Apro la porta e fortunatamente lui è ancora lì che va su e giù per le gradinate felice perché non sospettava, ancora, di avere un padre un po’ fuori di testa…Sospiro di sollievo.
Giuro, non l’ho più fatto… a parte due volte la borsa con telefono e portafoglio che sono naturalmente “scomparsi” non ho più dimenticato membri della mia famiglia, neppure il mio gatto.
Ciao Remo. Stefano
non ti sei soffermato affatto sulla ragazza del secondo bar, quello di riserva…
questo mi dà da pensare…
però ti dice “ciao”
nei nostri bar…
mi dicono…tranne in uno…quello che frequento “quasi quotidianamente”…”buongiorno”
Pressoché quotidianamente leggo i tuoi post…e c’è sempre qualcosa che mi colpisce.
Ho linkato il tuo blog…spero non ti dispiaccia.
Ciao :)
Anche il mio lunedì è stato sconnesso.
ciao Remo
E.
Pressoché quotidianamente, passo di qui.
E non me ne pento mai :-)
A proposito del dimenticarsi sempre le cose quando si esce di casa, mi è sempre rimasto impresso il commento della mamma di una mia amica, rivolta alla figlia sbadatissima e “dimenticona”:
“Tu non dimentichi a casa la testa solo perché ce l’hai attaccata al collo”! :-)
salta di palo in frasca ma scorre che è un piacere, e ha ritmo, questo teso, anche per quel motivo contuttore del ‘quasi ogni giorno’/’pressocché quotidianamente’
Scusa, rientro, dimenticavo: un saluto ;-)
Uscire di casa e rientrarvi dopo pochi secondi perché ho dimenticato qualcosa mi accade “pressoché ogni giorno”. A volte non ho dimenticato niente, ma solo lo credo.
Mia madre, quando era sncora viva e viveva con me, mi diceva, ogni volta “Mi sembri zio Peppino”. Zio Peppino viveva con noi, quando ero bambina (esistevano famiglie larghe, allargate e larghissime, quando io ero bambina). era un personaggio fantastico. Magrissimo, ipocondriaco a partire da un’operazione d’appendicite in poi e ogni giorno tornava indietro perché aveva dimenticato qualcosa. O lo credeva. Quando ero bambina, dicevamo che lo faceva per scaramanzia. Forse lo faccio anche io, ora, per scaramanzia, ma non lo so. E mi è piaciuto tanto questo lieve post del lunedì.
babbo, ma quand’è che compi gli anni di preciso tu?
mi risponde, lui.
noi non siamo gente da compleanni.
(qualcosa ho preso dal mio vecchio).
Pressoché quotidianamente ( non sono Pansa e devo dirti che non mi dispiace, se non per il conto in banca) gli uomini spesso s’interessano dei grandi mali che affliggono il Mondo, la Nazione, la Città, dimenticando figli all’asilo, anniversari di matrimonio, compleanni, di pagar rate e bollette ed altro di spicciolo e particolare, perché presi dalla gestione dell’Universale. E’ una caratteristica prevalentemente maschile, perché le donne, di solito, si preoccupano del Mondo dopo aver rigovernato, lavato & stirato, cucinato & mangiato. Essere legate mani e piedi alla quotidianità le rende meno facili ai voli pindarici. Tranne ad uno: innamorarsi degli uomini che pensano all’Universale, dimenticandosi il particolare, che manda avanti il Mondo.