prima dell’appuntamento

Sono nei giardini di un grande ospedale, a cento chilometri da dove vivo io.
Devo vedere un primario, per motivi professionali, di lavoro, diciamo.
So come si chiama, e basta.

La giornata è una bella giornata. C’è il sole, non fa troppo freddo. Accendo un mezzotoscano, appoggio il sedere alla panchina, sono in anticipo, ho con me l’iPhone e un libro, ma preferisco guardare gli alberi e in lontananza, il miscuglio di sole e foschia; l’ospedale, il grande ospedale, è alle mie spalle.
Hai un mezzotoscano?, mi fa una voce, secca, un po’ roca.
Mi volto: un barbone.
Ha una camicia rosa, stropicciata ma pulita (ma non ha freddo?), ha un paio di jeans col cavallo basso basso (perché non se li tira un po’ su?), ha la barba lunga bianca ed è spettinato (nessun interrogativo, qui; qui va bene), ha lo sguardo da pazzo: gli occhi sono spalancatissimi.
Mai negato del fumo un barbone, così gli allungo un mezzotoscano, ma prendendolo io dal pacchetto, con le mie dita, son schizzinoso, chissà quanti germi ci sono nelle sue mani, meglio evitare contatti.
Quando però mi chiede d’accendere il contatto c’è: perché quando tendo l’accendino (acceso, chiaro) verso le sue labbra, le sua manacce, a mo’ di imbuto, toccano il dorso della mia mano.
Poco male, dopo aver fumato andrò in bagno, mi laverò con cura, penso mentre se ne va dopo avermi salutato con una scrollata di capo.
Proseguo a fumare, poi, con un po’ d’anticipo, dopo aver lavato le mani, salgo alla ricerca del primario con cui ho l’appuntamento.
Ascensore, sala d’attesa, corsia,  infermieri, parenti e pazienti: solite scene d’ospedale.
Chiedo, un infermiere o dottore, insomma uno col camice, mi indica l’ufficio del primario,
“vada avanti, il primo sulla destra”
“grazie”.
Busso, c’è nessuno. Guardo se c’è un campanello che magari non vedo, macché.
Omminchia chi si rivede, riecco di nuovo il barbone di prima, si sta dirigendo verso di me, il mezzosigaro non l’ha fumato tutto, ne ha ancora un pezzo (spento, chiaro) tra le labbra, lo sta masticando, è a un metro da me, dalla tasca tira fuori la chiave dell’ufficio, il suo ufficio: già il barbone.
“Lei è?”
“Sono”.
Con la testa mi fa cenno di entrare. La camicia rosa, prima non ci avevo fatto caso, dietro, non è mica infilata bene nei pantaloni.

6 pensieri su “prima dell’appuntamento

  1. Meno male che sto primario è medico e non magistrato. Spero lo stesso che non si vada a mettere in qualche modo contro berlusconi. Se no ve l’immaginate che bel servizietto in tv gli farebbe brachino?

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