
Dovrei dire troppe cose, della presentazione di Bastardo posto, martedì a Milano. Dico grazie a tutti.
Le presentazioni o vanno così così o un po’ peggio di così così. A volte vanno benissimo (mi succede a Sermide) a volte vanno bene (ma il merito non è tuo): ecco a Milano è andata bene. Forse di più. Dovrei dire troppe cose (sull’amica che non vedevo da vent’anni, su Mirta e della lettera che ha postato su Face, su Sarah, Sandra, Margherita, Cristina, Annamaria, Donatella, Massimo). Lascio le foto di Marina Magri.
No, una cosa la racconto. Alla fine viene da me una signora anziana, ma giovanile e sorridente. Mi porge il libro da firmare poi mi fa: Sa, vivo a Milano ma da ragazza ho fatto il Classico a Vercelli.
Sa signora che io abito proprio a due passi?, le ho risposto.
Credo,a ma me lo immagino, che lei a Vercelli non sia più tornata (l’avrà saputo che Pavese aveva fatto supplenze proprio al Classico?)

mi viene in mente la Ballatetta in Toscana di Cavalcanti: alla fine l’autore saluta la sua poesia
Tu, voce sbigottita e deboletta,
ch’esci piangendo de lo cor dolente,
coll’anima e con questa ballatetta
va’ ragionando della strutta mente.
Voi troverete una donna piacente,
di sì dolce intelletto,
che vi sarà diletto
starle davanti ognora.
Anim’, e tu l’adora
sempre, nel su’ valore.
E’ bene, dopo aver scritto e pubblicato un romanzo, lasciarlo un po’ andare per la sua strada; seguirlo, senza però continuare a covarlo. Seguirlo con la giusta distanza, o con la giusta vicinanza, come si dovrebbe fare con i figli. Io non scrivo romanzi (e invidio chi è capace di farlo), ma quando ad un articolo sono particolarmente affezionata (il paragone forse non regge per intensità, o forse sì), una volta destinato alla pubblicazione, me ne allontano.
A che servono altrimenti i mal di pancia e gli innalzamenti pressori delle prime pubblicazioni, se non portano saggezza?
cara Giulia, Bastardo posto è uscito il 13 ottobre 2010; fino a non molto tempo fa un libro di un piccolo editore restava in libreria (seminascosto, o in alto in alto, o in basso in basso) per tre mesi, poi, negli utlimi tempi, il tempo di permanenza si è ridotto a un solo mese.
Con la Newton Compton invece è diverso: resti di più, quasi un anno. Insomma: dipende dalle case editrici, dipende se vendi o meno, ché lo spazio in libreria è poco, dal momento che ogni giorni escono 170 libri.
Di Bastardo posto, quindi, quello che è stato venduto è stato venduto. Restano le copie che vengono ordinate le presentazioni, restano gli acquisti on line, resta l’opzione e-book, resta la possibilità di chiederlo al libraio. E da questo punto sono fortunato, perché Perdisa e il suo distributore sono attenti a soddisfare le richieste. Con altri editori non è andata così.
Ma come esce un tuo libro a novembre? Ma non hai ancora finito di promuovere questo! La promozione è un aspetto doloroso (ma doveroso) e soprattutto richiede tempo. Anche anni a volte. Abbiamo visioni differenti, ma ti rispetto.
Buona giornata.
ziacap, mamma mia, Beckett; comunque grazie
(e grazie Giulia)
Non compro mai più di due libri per volta.
Il suo ha sostituito una silloge di brani di Beckett.
Poi, ascoltandola, non mi sono pentito.
Samuel, lo so, mi ha scusato.
dimenticavo.
quando vado in giro dico sempre che la maggior parte degli scrittori ciurla nel manico dicendo di vendere tanto, e che tanti sono frustrati e infelici, per questo.
unna volta a una presentazione (paesino vicino a Vercelli: Alice Castello) dissi che in certe occasioni i vu cumprà hanno più dignità degli scrittori, che oggi come oggi, spesso, per via della scarsa domanda, devono mendicare d’essere letti o comperati.
una ragazza mi guardò male male. seppi poi che era una poetessa, che pubblicava.
delle vendite saranno soddisfatti in cinquanta, credo, in italia.
cara Giulia, se io scrivo un libro e so che è letto da alcune centinaia di lettori perché non dovrei scriverlo? Settecento o ventimila, in fondo, son solo numeri, anche se, certo, si guadagna di più e si è… più noti.
ma vedi, possiamo darci del tu, io per esempio a Vercelli sono abbastanza noto, dirigo il giornale storico e più importante, e questo essere abbastanza noto mi fa fuggire, quando posso, in posti dove nessuno mi conosce.
non ho mai chiesto ai miei editori di partecipare a premi e concorsi (se Perdisa lo farà, lo farà su sua iniziativa) né di fare pressioni per partecipare a programmi tv che fanno vendere (andai a fahrenheit, ma grazie all’ufficio stampa di fernandel).
poi c’è l’aspetto economico, e io ho sempre fatto felici le case editrici con cui ho pubblicato, perché me ne son sempre fregato dei soldi; me ne fregavo anche quando ero un operaio, un disoccupato: mio padre e mio nonno erano così, io sono così.
io sono profondamente convinto che i soldi (che in certe occasioni servono, certo) ci facciano perdere tanto tempo.
mio padre, un paio di anni fa, a una persona molto ricca disse: caro avvocato tra una decina d’anni saremo tutti e due al camposanto, lei coi suoi soldi, io senza.
a novembre, cara giulia, uscirà un mio nuovo libro, Vicolo del precipizio, sempre con Perdisa.
l’avevo inviato anche ad altre case editrici, grandi e piccole, ma la mia logica era: pubblico col primo che mi dice di sì.
sogni nel cassetto comunque ne ho.
mi piacerebbe pubblicare per esempio con marcos y marcos.
oppure, anzi no, soprattutto mi piacerebbe continuare ancora a scrivere, e magari a trovare qualcuno che mi pubblichi: e già questa è una bella ambizione.
comunque, torno a te.
mi faccio una domanda alla marzullo
ti spiace vendere poco o comunque non fare mail botto
e mi do una risposta
un po’, ma giusto un po’.
(con l’editoria ho preso altri mal di pancia)
ciao giulia
Tutto vero, ma a che serve vendere un libro se poi vende poco e soprattutto non viene letto. Ho lavorato per diverso tempo in una piccola casa editrice e si sa che delle copie vendute ad una presentazione solo poche vengono lette sino a fondo. Tempo fa uno scrittore come lei non si accontentò più delle persone che gli dicevano di avere letto il suo libro e iniziò ad interrogarle su alcuni passaggi. Risultato: visibile imbarazzo di quasi tutti. Mi rallegro delle sue classifiche personali e stimo che siano le più belle. Ma le classifiche di vendita e di lettura sono ben altra cosa e in quelle rientra difficilmente. Torno a ripetere, peccato, perchè il libro non è male.
cara Giulia, è ancora presto per dire quanto abbia venduto Bastardo posto.
so poco, io, per ora, so alcune cose.
so che a Vercelli una libreria ha venduto un centinaio di copie, ma non so quanto abbiano venduto le altre due.
so che quando presentai il libro a Roma, ed era novembre, quindi Bastardo posto era uscito da un mese, la libreria Eternauta fece fatica a trovare le copie perché nella regaione Lazio stava vendendo bene e il distributore (pde) non ne aveva più.
so anche che la casa editrice voleva fare una prima ristampa, ma questo risale a due, tre mesi fa, e ho chiesto alla mia agente di informarsi.
di sicuro non è un libro che entrerà in qualche classifica; penso però che dopo La donna che parlava con i morti (unico mio libro venduto non benissimo ma bene), Bastardo posto si piazzerà, nella “mia” speciale classifica di libri poco venduti, al secondo posto.
In ogni caso, Perdisa è un piccolo editore, che non trovi per esempio negli autogrill o nei supermercati, e quindi proseguo con le presentazioni, presentazioni che un po’ servono a vendere (da 30, 40 quando va bene, a 4, 5 quando non va) e un po’ servono per il passaparola. E comunque: quando saprò quante copie ho venduto lo scriverò, come ho sempre fatto.
E’ un peccato che il libro non stia vendendo perchè merita assolutamente.
ma Federico Libero ha già iniziato l’università? ormai ne saprà più del padre :-)
Mi piace, e ha ragione Federico Libero a chiedere: anche io ho fatto la stessa domanda ;-))