Comprare un libro non è difficile, è difficile leggerlo. Si va in libreria, si sceglie un volume, si paga, si ritira lo scontrino. E’ facile. Ma leggere? Quando trovare il tempo? e il luogo opportuno? Il telefono squilla. Bussano alla porta. Passano gli amici per una visitina, per anticipare gli auguri di Natale: lo fate anche quest’ anno, l’albero? I familiari borbottano, sottovoce. Una volta tanto che sta in casa, quello (oppure: quella) ecco lì che si isola da noi. Un suggerimento: ammalatevi, se volete concedervi una bella lettura abbandonata, come quelle di una volta. Le malattie sono sempre, in tutto o in parte, psicosomatiche. Vanno e vengono a comando. Le malattie presentano sempre delle “utilità secondarie”; ampiamente utilizzate da tutti gli ammalati, oltre che doviziosamente descritte in Proust e in Freud. Una bella influenza, per esempio; non c’ è di meglio. E’ come piantare una bandiera in casa. Beniamino Placido (La Repubblica, 1992)
Segnalazioni. * Su Bottega di lettura la recensione del libro di Franz Krauspenhaar, Era mio padre. E’ un libro autobiografico, certo. Unico filtro, la memoria. Gli anni passano ma il passato non passa, dice Franz. Non l’ho ancora comprato. Lo farò oggi, o domattina. Ma mi viene in mente un incipit, invenzione di un blogger, Arimane: Dove va a finire il passato? La domanda è semplice lo so.
* Il culto dei morti: da Lenin a padre Pio. Partendo dagli egizi, però. Post da habanera (che è diventato ormai un bel blog collettivo).
* La Costituzione ha dei luoghi, precisi, di pellegrinaggio. C’entrano nulla i libri: leggete qua.

hai ragione annalisa, ci si può isolare. a volte è la bontà di ciò che si legge, a volte siamo noi. ho libri di testo universitari che mi sono letto, con sottolineature che sembrano elettroencefalogrammi, in treno, in autobus, in fabbrica di nascosto.
ed hai ragione anche tu solimano a porre un quesito che mi pongo anche io, spesso.
spesso mi chiedo, ma perché non smetto?
se smetto (e siamo in tanti) nessuno si mette a piangere.
e la tua proposta di discussione la faccio mia.
Grazie Remo, per la citazione del Nonblog in cui sono guest (con Giuliano, Roby e Mazapegul) e Habanera è admin. Un blog collettivo non è facile: occorre il rispetto dell’asticella della qualità e l’empatia fra i guest che però debbono avere un grado di libertà molto elevato, visto che sono portatori di qualità. Poi, la collaborazione empatica con alcuni altri blog. Ma scriverò qualcosa per il Nonblog in cui racconterò i pro ed i contro, visto che ho una esperienza di un anno su due blog collettivi (che io chiamo multiblog). Delle esperienze sono contento, anche se si può migliorare.
Ma a questo punto faccio una osservazione, che non ritengo banale: per chi scrivono gli scrittori? Per gli altri scrittori? Anche, ma soprattutto per i lettori.
E per chi scrivono i blog? Per gli altri blog? Se è solo così, forse c’è qualcosa che non va nell’approccio. Sarebbe bello discuterne en plein air, perché gente che gira in rete ce n’è tanta, e non è detto che siano sfigati solo perché non hanno un blog.
saludos
Solimano
Oggi ho piantato lì i compiti da correggere, le camicie da stirare, i libri sulletto che mi ero messa in testa di rimettere a posta la libreria in camera, e mi sono messa a leggere un libro di Loriano Macchiavelli. Ma viene sempre qualcuno: dov’è il libro di inglese della sorella? dov’è il coperchio del pentolino? Hai già fatto il filmato della partita?
Io risolvo così: siccome di solito vado a letto alle nove, dico: vado a letto. Bandiera. Steccato. Poi leggo. Se riesco, fino a che reggo. Leggo fino a che reggo (rima scema). Comunque, leggo.
Poi leggo a colazione, ché son da sola. A pranzo, se son da sola. Ogni volta che posso.
Ho questa fortuna: che, quando leggo, sparisce quello che ho intorno, anche lo sferragliare di un treno vecchissimo o il rumore del metro o il fastidio di una televisione accesa.
Ora guardo le segnalazioni, di cui non ringrazio mai. Lo faccio ora.