brutto tempo, qui

(Sfogliando e leggendo Il Manifesto, Repubblica e La Stampa).
Il nucleare che tornerà, dunque (tanto sarà sicuro: fino al prossimo disastro), la badante trattata come una bestia da una anziana signora italiana, l’ondata xenofoba, la lettera del padre della ragazzina violentata e uccisa dai suoi compagni di classe, il bullismo che aumenta, la stampa di sinistra che accusa la stampa di non dire.
Il problema del silenzio è un gran problema, infatti.
Anche di come si danno le notizie. Nell’articolo (in prima pagina) sull’anziana signora che ha ridotto in schiavitù una badante rumena a Lainate, Alessandro Robecchi del Manifesto scrive:
A differenza dei delinquenti stranieri (di cui si pubblica nome e cognome), a differenza dei rapinatori italiani (di cui si pubblicano le iniziali), della signora schiavista non si sa nulla, se non l’età avanzata, 75 anni, e la dignitosa semiricchezza dell’abitazione…
Non è sempre così il problema della pubblicazione o della non pubblicazione, sui fatti di cronaca, di nomi e cognomi. Ma è “molto” così.

Però stanotte, voglia di scrivere e di leggere zero, ho notato che almeno in rete qualcosa si muove: ho letto alcuni blog, da un link all’altro, di gente delusa: perché il governo, che aveva promesso una politica repressiva contro i rom, non è di parola. Ma quando cazzo arriva il pugno duro contro questa gentaglia? Siamo stufi di mantenerli (ho letto in un forum). Già: costano i Rom. Costano quanto i nostri parlamentari che, sempre da quanto leggo oggi sulla Stampa, sono i più retribuiti d’Europa e – anche – i meno preparati (e ben tutelati per via dell’immunità)?
(E la sinistra, su questo aspetto, è, a mio avviso più colpevole della destra. E’ un maledetto problema di casta).

Brutto tempo, qui.
Buona domenica comunque.
Ora mi metto a leggere.

In questo giorni a Vercelli c’è stata una bella gara di solidarietà. Per una giovane famiglia marocchina a cui è morto il bimbo di due anni (giocava, è caduto dal balcone). Volevano seppellirlo in Marocco, così farlo vedere, anche se ormai morto, almeno una volta a nonni e zii. Ma il trasporto costava.
La maestre della sorellina e gli operai, colleghi del padre del bimbo, hanno però lanciato una sottoscrizione: a cui ha risposto tutta la città.
Spiragli, a volte.

Ezio Taddei e Luisito Bianchi, scrittori dei poveri

Uno.
Vado sul vecchio blog. Password, entro, tolgo spam dai commenti che sono bloccati. Ci torno in media una volta al mese. Di tanto in tanto qualcuno lascia qualche commento anonimo. Sono una novità, per me. Son comparsi un mese dopo la pubblicazione de La donna che parlava con i morti. Non li ho distrutti: son lì, con IP, nick inventati, contenuto.
Ci sono abituato agli anonimi: al giornale quasi tutte le settimane ricevo lettere anonime.
Solitamente sono segnali positivi, sia per un libro che per un giornale. E’ anche un bell’argomento, trattato per esempio dal bel libro di Pontiggia, Il giocatore invisibile.
Sul vecchio blog, oggi, però ho trovato un commento serio. Il commentatore non sapeva di essere in moderazione.
Allora, il post è su Ezio Taddei, scrittore livornese, anarchico.
Il commento dice:

Conosco bene, essendo figlio di un livornese, Ezio Taddei di cui recentemente ho parlato a Paolo Di Stefano del Corriere per lamentarmi che nell’ultima opera di Davico Bonino (Einaudi) sul novecento italiano Ezio non viene citato. Preferiscono Camilleri e via discorrendo. Taddei come Silvio D’Arzo è tra i più bravi del novecento. Basta leggere “La fabbrica parla” o “Rotaia”. Taddei di cui esistono alcuni romanzi inediti era un anarchico, idealista, comunista. Anche se Ingrao fece finta di non conoscerlo. Perchè non lo pagavano quando collaborava all’Unità e ad altri settimanali del partito. Bene ha fatto Graphot a ripubblicare “Il pino e la rufola”. Oltre alla biografia, eccellente, di Novelli, esiste un libro di Domenico Javarone su Taddei molto interessante. Grazie
maurizio carrara

Due.
Sabato verrà dalle mie parti (a Trino Vercellese, ore 18) don Luisito Bianchi a presentare il suo ultimo libro, I miei amici. E’ cosa rara che io presenti altri autori. L’avrò fatto cinque, sei volte. Con Luisito raggiungerò quota due. Mi piace come scrive, mi piace come persona. Dice cose potenti, vicine al Vangelo, lontane dalla chiesa-struttura.
Ogni tanto ci scriviamo: carta e penna (non son più abituato).
Lui un giorno mi disse che Paola Borgonovo, editor di Sironi, era talmente addentro alla sua scrittura al punto che gli aveva fatto notare cose che a lui erano sfuggite.
Succede spesso, o più sovente di quanto si possa immaginare, che altri sappiano entrare dentro la nostra scrittura: perché nello scrivere subentra, a vari livelli, il nostro inconscio.
Dicevo che Luisito mi scrive: e del mio ultimi libro mi ha fatto capire una cosa che io, scrivendolo, non avevo colto (e che mi ha fatto piacere cogliere).
Pochi mesi fa, grazie a una cara amica, sono andato a Viboldone dove gli amici di Luisito, in gran segreto (altrimenti c’era il pericolo che lui scappasse via) gli avevano organizzato la festa per il suo ottantesimo compleanno.
Quando tornai, su La Poesia e lo spirito scrissi

Don Luisito dice cose forti, sussurrando.
Lui ha fatto il prete senza ricevere mai lo stipendio dalla propria curia. E oggi fa il pensionato: 600 euro al mese grazie ai contributi versati facendo l’operaio e il benzinaio. I proventi dei libri vanno alle missioni.
Ho scelto questa sua poesia, quasi a caso, così da dedicarla a lui, a chi gli vuole bene (perché don Luisito ti indonda d’amore), a chi non lo conosce.
Basta poco.

NEL PRATO
(di don Luisito Bianchi)

Scruto scritture di foglie sul prato
come tremanti viscere l’aruspice
d’altra stagione di funghi verrà
a liberarmi letizia d’incontri
con prataioli e chiodini.
– Sarà
non sarà -, quali sentenze appannate
di sibille m’echeggiano a risposta
mentre frugo con gli occhi le ramate
foglie e preparo il riso dell’invenzione
d’un bizzarro baschetto di velluto.

E sconosciuti sussulti di vita
stendono velo pietoso sul dubbio,
nell’aria gonfia di pioggia,
bastandomi
pochi passi di prato ad appagare
in parabola tutto il mio andare.

25 ottobre 1993

Le poesie di don Luisito si trovano su www.orasesta.it