Preconcetti e luoghi comuni: quello classico è… quello del Liceo Classico. Chi l’ha fatto, si dice, soprattutto in virtù del latino, ha una marcia in più rispetto a quella degli altri. Sicuri sicuri, quelli che lo dicono, che chi arriva a frequentare il liceo classico non abbia già una marcia in più perché è nato in una casa col camino e quindi è stato portato da una cicogna?
L’articolo che segue è di Beniamino Placido. Fu pubblicato su Repubblica e, poi, un sociololo famoso, Ian Roberson, lo inserì in un manuale di sociologia tradotto in varie lingue.
Buona lettura, se volete, e buona giornata, certo.
A Mairano di Noviglio, paesino di tremila abitanti nei pressi di Milano, le cicogne sono tornate. Quel paesino rivive con le cicogne, che si sono annidate sul campanile della chiesa, perché con il loro ritorno – dopo dieci anni – hanno ripreso a nascere i bambini, interrompendo quella tendenza alla denatalità che tanto impressiona, fra gli altri Paesi, anche l’ Italia. Per quanto non sia vero, per quanto si sappia ormai com’ è che si fanno e si fanno nascere i bambini, qualcuno avrà certamente pensato, sia pure per un momento: vuoi vedere che le cose stanno proprio così, come un tempo si credeva? Vuoi vedere che sono le cicogne a portarci i bambini? In effetti, qualche secolo fa, nell’ Olanda del Seicento, si verificò un analogo fenomeno: tante cicogne sui tetti delle case, tanti bambini appena nati all’ interno delle case. Però lo scetticismo miscredente aveva già cominciato a farsi strada. E scetticamente quei bravi olandesi decisero di guardar meglio, di pensarci sopra. E scoprirono che quelle cicogne si affollavano sì, sui tetti delle loro case. Ma soprattutto intorno ai camini: che erano tutti accesi (si era d’ inverno) soprattutto nelle case dove c’ era un bambino appena nato, ed offrivano pertanto a quelle cicogne che venivano da tanto lontano un ottimo strumento per riscaldarsi e per riposarsi. Giusta quindi la correlazione: più cicogne, più bambini (e viceversa); del tutto infondato il presunto rapporto di «causa ed effetto» (i bambini li portano le cicogne). Non sappiamo se questo episodio fosse noto anche a David Hume, il filosofo scozzese che scrisse nel Settecento il suo celebre Trattato della natura umana (1740). Dove si disserta a lungo, e lucidamente sul rapporto di «causa ed effetto» – spesso solo apparente, spesso inesistente – e si raccomanda l’ uso di una «ragione scettica», che ci impedisca di attribuire alle cicogne, o ad altri alati pennuti, l’ arrivo in casa nostra dei sospirati bambini. Così come la visione impressionante dei monumentali ripetitori della Radio Vaticana, e la denuncia che in quella zona sarebbero più frequenti, purtroppo, i casi di leucemia, non basta di per sé a creare un rapporto di «causa ed effetto». Così come la solita convinzione, in taluni, che i due fenomeni non c’ entrino nulla l’ uno con l’ altro non deve farci trascurare quel Precautionary Principle («Principio di Precauzione») sancito niente meno che nella dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992: quando si intravede un possibile pericolo, conviene correre ai ripari subito, prima ancora di aver ottenuto una attestazione scientifica della sua esistenza. (…) I buoni manuali di storia recano anche un altro esempio: quello del marito che rientra a casa stanco il sabato sera; non trova buona la minestra preparatagli dalla moglie; sbattendo la porta esce di casa e va a trovare gli amici in una cantina. Lì, beve, quasi si ubriaca e perde al gioco delle carte. Quindi esce un po’ alticcio, anche da quel posto, e sulla strada del ritorno a casa incorre in un incidente che gli è purtroppo fatale. Bene: qual è la vera causa del triste evento? C’ è chi dirà: la minestra mal preparata; c’ è chi dirà il vino dell’ osteria; c’ è chi incolperà la strada mal fatta, e quell’ altra macchina troppo spericolata. Tutti trarranno delle conclusioni definitive. Ma ciascuno secondo le proprie convinzioni, le proprie inclinazioni. E tutti avranno ragione, ma ciascuno a suo modo. Aveva ragione David Hume, filosofo del Settecento. Che, essendo un filosofo, ci invitava a pensare di più, a pensare al di là delle apparenze. Ciò che a noi dispiace fare.
Beniamino Placido