fosse facile scrivere, varrebbe la pena?

a pagina 9, sulla scrittura indecente (ma anche realvisceralista)

Per lui il cambiamento si verificò a 33 anni. Fino a quel momento non aveva letto una parola di quello che aveva scritto sua madre. La sua risposta, la vendetta per essere stato chiuso fuori da lei. O forse si era rifiutato di leggerla per difendersi. Forse era quello il motivo più profondo: difendersi dal fulmine. Poi un giorno, senza dire una parola a nessuno, senza dire una parola nemmeno a se stesso, prese uno dei suoi libri in biblioteca. Dopo, lesse tutti gli altri, apertamente, in treno, a tavola. – Cosa leggi? – Uno dei libri di mia madre.
Lui è nei suoi libri, o almeno in alcuni dei suoi libri. E ci sono anche altre persone, che lui riconosce; e ce ne debbono essere molte di più che non riconosce. Sul sesso, sulla passione, la gelosia, l’invidia, lei scrive con una lucidità che lo sconvolge. E’ assolutamente indecente.

pagina 16, sull’immedesimarsi (o pensare come dei pazzi: vedi Flaubert)

– I nostri ascoltatori devono sapere che stiamo parlando di un libro di grande intensità. Ma le riesce facile scrivere dalla prospettiva di un uomo?
(…) – Facile? No, se fosse facile non varrebbe la pena farlo. La sfida è nell’alterità. Nell’inventare qualcuno che è altro da sé.

Elisabeth Costello di J.M. Coetzee, Einaudi (9 euro e 80, 192 pagine).
Il libro parla anche dello scrittore davanti al male.

E poi.
Su Racconti ho postato il mio contributo a No Tag, Sottovoce, il giornale di Paolo Pedrazzi.
E’ il primo racconto che io e Pedrazzi, eravamo di fretta, abbiamo titolato Se l’anima si sporca…
Poi, come succede spesso, mi è venuto in mente un altro titolo: Il fascino indiscreto dell’editoria.

Buon martedì