A proposito di laureati. Anni fa viene in redazione una donna. Proprietaria di un night nonché spogliarellista, era stata denunciata per sfruttamento della prostituzione. Io non avevo scritto l’articolo, avevo solo impaginato e “passato” (per “passato” nei giornali si intende l’editing che solitamente il caporedattore fa al cronista), però lei chiede di me. Al giornale, allora, ero, diciamo, il numero due. La ricevo, penso che voglia contestare l’articolo, dire che lei non c’entra con lo sfruttamento della prostituzione. In effetti mi dice che lei non c’entra, ma il punto non è quello. Non è venuta a rettificare o minacciare una querela. Però è nera, anzi no, incazzata nera, ma non per l’articolo o per la pubblicazione del suo nome. E’ incazzata nera perché nell’articolo è stata riportata l’età. La sua età. Secondo lei, io dimostro i 49 anni che avete scritto? Mentre mi dice (ma più che dire, urlava) la frase, velocissima, si sfila il giubbotto di pelle e alza un lembo di camicia: Vuole che slacci anche il reggiseno? Guardi che è roba mia, mica c’è del silicone, guardi, guardi, non c’è nessun taglio, dice sbottonandosi. Le credo, le credo, dico, fermando, così, quello spogliarello improvvisato. (Se in quel momento fosse entrata qualche mia collega avrei finito di vivere) Penso che in effetti avremmo dovuto scrivere: 49 anni ma ne dimostra 35. Si sarebbe incazzata lo stesso, però. Non solo lo penso, ma glielo dico. Si rabbonisce e mi racconta che, appena uscito l’articolo, alcune sue colleghe spogliarelliste hanno fatto dei fax e li hanno spediti nei night dove lei si esibiva. Sa che guadagno un milione a sera perché preferiscono me alle stronzette di trent’anni?, mi fa. Poi mi racconta del suo night. Che è tutto a posto. I clienti possono “pacioccare” le ragazze ma le ragazze non fanno niente coi clienti, “altrimenti che li pago a fare i buttafuori?”. E comunque guardi – mi dice ancora – il night non è intestato a me… ne verrò fuori. Ma sono quelle stronze che hanno fatti i fax che mi hanno rovinato la giornata, ed è tutta colpa sua. Ma ormai si è sfogata, così mi chiede: Ma lei non è mai venuto? No. Apro una parentesi: Dissi no, e poi mi feci raccontare, per bene degli spogliarelli., che lei chiamava spettacoli. Volevo scrivere qualcosa, ma non per il giornale. Chiusa la parentesi Quando ha finito di raccontare, mi fa una domanda che giudicai strana. E’ laureato lei? Sì, dico. In cosa? Lettere. Risponde con una smorfia: non è una laurea che le piace. Poi mi dice: Sa, ci terrei che venisse; cosa crede? Nel mio locale vengono tutte persone perbene e laureate.
Mi chiedo due cose, ora. La prima: chissà se oggi, che dovrebbe essere sulla sessantina, dimostra ancora vent’anni di meno? La seconda: erano davvero laureati i suoi clienti? Perché anni prima, facevo il portiere di notte, mi successe questo. Mentre sono in giro per la città vedo un signore con la blusa blu, da operaio. E mi chiedo, ma dove l’ho visto io a questo? Ci penso per ore, e penso anche di essere smemorato perché io, a quel tipo con la blusa blu da operaio, l’aveva visto di sicuro da poco, e forse ci avevo anche parlato. Sì, ci avevo parlato. Qualche ora prima di vederlo con la blusa. Era vestito da laureato, elegantissimo. Si era presentato in albergo alle tre di notte con una spogliarellista. Erano gli anni, quelli, in cui la classe operaia, a volte, andava in paradiso.
Poi c’è questa storia. Che non sembra vera. Giuro: lo è.
Una segnalazione. Giorni fa Solimano ha chiesto Per chi si scrive? La sua domanda è diventata un post- Alla sua domanda risponde un libro, recensito da Squilibri.
E una precisazione. Ho classificato il post “due storielle un po’ piccanti come tre” nella categoria “Dove va a finire il passato?”. Trattasi (Dove va a finire il passato?) di un incipit rubato a un (bravissimo) blogger conosciuto come Arimane o Prove di seduzione.