Ricordi d’estate, dai colori diversi.
Ho diciotto vent’anni, ho la patente ma non ho la macchina, mi piace leggere e fumare ma non ho soldi per comprare libri e sigarette, passo diverse ore al bar: in cambio di un caffè, e magari di quattro caramelle Sperlari da 5 lire, posso mettermi in coda per leggere La Stampa e Tuttosport e magari dare un’occhiata anche ai giornali locali, che però mi interessano poco.
Voglio finire le superiori, e poi trovare un lavoro che mi consenta di studiare, di andare al cinema anche due tre volte la settimana, di non chiedere soldi ai miei.
Sono anche stufo da passare le mie giornate chiuso in casa a leggere e le mie serate a tirar tardi parlando di niente – dagli amori impossibili al Cile di Allende che non s’arrende – con alcuni miei coetanei…
(Che poi, i coetanei, mai andato d’accordo: quando ero giovane li consideravo troppo coglioni, invecchiando i più li trovo rincoglioniti, vecchi, certo vecchio lo sono, anche io, ma me ne accorgo solo o quando mi guardo allo specchio o quando non riesco a correre perché ho la schiena a pezzi, cazzo, e comunque: torniamo alle estati e ai suoi ricordi.)
Poi ne ricordo altre, di estati. Ho la macchina nuova, non so mai quanti soldi ho nel portafoglio: per una vita li ho contati e memorizzati, doveva farmeli bastare, ora se il portafoglio è vuoto vado al bancomat, che è generoso con me. Mai guadagnato così tanto, dirigo un giornale, scrivo libri…
Un’estate mi ritrovo in casa di amici, in realtà non è una casa è una villa, una gran bella villa, e io sono ospite in una dépandance, e il mare è vicino, e nella villa c’è pure la piscina, così succede che una sera si mangi e si beva tra un tuffo e l’altro, con gente bella che sorride e ride e si diverte, e tutto va bene, anche perché il vino è buono e il cibo anche, ma c’è una voce che mi dice: Tu cos’hai da spartire con questo mondo e con questa gente?