Sono passati diversi anni, almeno quattro, dall’ultima volta che l’ho visto.
Ci siamo salutati, io ero di fretta, andavo non ricordo dove per lavoro, lui camminava accanto a una ragazzina che avrà avuto massimo dodici anni. Era sua figlia.
Quella ragazzina mi ha guardato e salutato, questione di un attimo.
Poi non l’ho più rivista. Nemmeno lui. Due anni fa mi dissero che era un mese che era morto, e io non l’avevo saputo.
Era un mio compagno di scuola, era anche un anarchico, lui. Era la figlia di un anarchico, lei, la ragazzina vista un attimo.
Li ho fatti diventare Leone l’anarchico ed Anna Antichi, nel mio libro.
Può essere sufficiente un’immagine per scrivere un libro.
L’immagine che mi è rimasta impressa è l’espressione di quella ragazzina, dolce e corrucciata al tempo stesso.
Anna Antichi, insomma.
Non ne avevo mai parlato, prima. Certo, tanti mi hanno chiesto da dove ho tirato fuori Anna Antichi.
Da un’idea, ho sempre detto durante le presentazioni, da un’immagine. Poi mi fermavo.
Oggi per la prima volta mi hanno chiesto, in un’intervista che verrà pubblicata on line, di Leone l’anarchico. Se mi sono ispirato a qualcuno.
Era il più buono dei miei compagni di scuola ed era anche un anarchico. Faceva parte dei circolo Galleani. Prima di venire a scuola lavorava, di notte, con suo padre e suo fratello, in panetteria. O forse (non ricordo bene) andava solo a consegnare il pane; sta di fatto che si svegliava prima di noi, suoi compagni.
Ci siamo diplomati insieme, abbiamo fatto taglia insieme, abbiamo passato la notte prima degli esami, con altri due, un fascista e un donnaiolo, a dire Adesso si ripassa senza mai farlo; poi però, dopo il diploma, ci siam persi di vista.
Ricordo un incontro, mica bello da ricordare.
In ospedale, entrambi ricoverati. Era il 1983, io avevo 26 anni, lui 27. Io era lì causa polmonite virale (forse legionella), lui per pneuma toracico. Era debole, magrissimo.
Suo padre, che non era anarchico ma comunista, era preoccupato, e tanto, per le condizioni di salute del figlio. Temeva di perderlo.
No, non era ancora tempo. Lui per quel figlio gracile, anarchico e buono come il pane che sfornava, sarebbe stato disposto a tutto, pur di vederlo guarire.
Così fece quello che un vero comunista – quelli di una volta intrendo – non usa fare, mai. Andò dall’aiuto primario e gli allungò una busta in tasca.
Lo fece piangere quell’aiuto primario. Gli disse, restituendogli la busta: Lei faccia il panettiere che io faccio il dottore, ci penso io a suo figlio.
Me lo venne a raccontare, piangendo di commozione.
Avevamo un insegnante di destra, alle superiori. Di destra tanto, mi faceva le paranoie perché non mi pettinavo mai (abitudine che mi è rimasta). Quando seppe che era malato e che non poteva fare lavori duri fece in modo di farlo diventare suo assistente, nel laboratorio di chimica. (Quell’insegnate, un po’ fascita dicono, e gran testa di cavolo dico io, poi ho saputo che di nascosto ha fatto più bene di tutte le dame di san vincenzo di città e dintorni. Per esempio prestando soldi ad ex allievi che, pieni di debiti, non glieli hanno mai restituiti. O facendo anche solo ripetizioni senza mai volere nulla).
Leone l’anarchico, il padre di Anna Antichi.
Il ricordo di due persone incrociate sul corso principale della mia città.
Un vecchio post, ora: doveroso da parte mia.
(e un grazie a Massimo Novelli)

già da quando ho cominciato a leggere questo post, esattamente alla terza riga (era sua figlia) mi sono detta – Pà ecco dove nascono Leone ed Anna Antichi !
grazie Remo.
un abbraccio.
rossa
Che bello scoprire le origini di Anna…
I tuoi post sono sempre molto riflessivi e non solo per te che li scrivi ma anche per me che li leggo.
Grazie :-))
Oh, già che ci sono, chiedo, ma Rino?
Ho visto che ha cancellato il blog, ci entravo sempre per leggere i suoi bei post. Stasera ho tutto azzurro :-(
Visto che di solito lui ti legge e ti commenta, lascio un saluto qui se permetti, grazie ancora
acc… è vero!
sono Ipanema…
tutti sti nick che mi invento ogni giorno…
hai proprio ragione.
ciao buona notte.
I.
È un pò di tempo che non passo da qui, e vedo che i tuoi post sono sempre interessantissimi. Avendo già letto il libro la tua spiegazione mi ha fornito ulteriori chiavi di comprensione.
Devo tornare a frequentare i tuoi appunti, questo è sicuro.
ciao,
cri
“oppure quelli che hanno, per davvero, una cultura evelata.
gente, questa, che solitamente preferisce ascoltare, e capire.”
Considerazione, la tua, preziosa e verissima, da conservare con cura. E ripetere di tanto in tanto. Ciao.
Remo, mi fai venire in mente il monumento a Bresci a Carrara (incompiuto, pare): mai visto; quasi quasi faccio una gita ‘in casa’.
E una cosa che lessi sulla cronaca locale anni fa. Purtroppo non mi ricordo dove esattamente, comunque era un paesino della Lunigiana interna o forse della Val di Vara, mah. L’articolo riportava la morte di un vecchissimo campanaro, al quale il parroco ogni sera lasciava suonare (con le campane, ovvio) Bandiera Rossa o l’Internazionale.
Agli occhi nero-profondo di una massesse ci credo. Capelli ricci, quasi crespi, scuri come il carbone e occhi da ‘saracini’. Sì, è il classico tipo massese.
rb
caro marco,
mi son preso lo sfizio tempo fa di andare a spulciare tra le cose scritte di chi ogni tanto dà dell’ignorante a qualcuno.
aveva ragione pasolini. i migliori o son quelli che non hanno fatto la quarta elementare, perché son puri e senza troppe seghe mentali “imparate” da altri, oppure quelli che hanno, per davvero, una cultura evelata.
gente, questa, che solitamente preferisce ascoltare, e capire.
grazie marco
(ho citato pasolini perché mi pare che tu, Marco, l’abbia conosciuto)
Caro Remo, mi permetto di mettere qui un piccolo intervento sulla troppa gente che pontifica, degli arroganti pronti a dare patenti di ignoranza a destra e a manca.
Ieri sera, ad Anno Zero, l’architetto Fuksas di patenti ne ha distribuite a josa. Ai presenti e agli italiani in generale. Ha asserito, riferendosi all’esilarante svarione del dirigente TIM reo di aver scambiato Waterloo con Austerliz, che avrebbe dovuto essere cacciato perché indegno di ricoprire un posto tanto importante dopo aver mostrato una simile ignoranza. Poi… poi ha sparato con aria sicura e decisa una castroneria enorme asserendo che la frase “Meglio primo in un villaggio (della Gallia) che secondo a Roma” non era da attribuire a Cesare ma a Cicerone. Quindi si è spinto pure in assurde considerazioni filologiche sulla frase medesima, invitando subito dopo Antonio di Pietro ad andare a zappare la terra perché all’oscuro della storica faccenda. Solo che la frase incriminata è attribuita proprio a Cesare, da Plutarco (Vita di Cesare, 11, 4). Perciò è stato il buon architetto a fare una gran figura di merda. Questo insegni a tutti, me per primo, che è sempre meglio evitare di dare dell’ignorante a qualcuno. L’insulto potrebbe ritorcersi su chi se lo permette.
e avevo anche in mente, quando ci pensai, di andare a schio, a passare qualche giorno lì.
di cercare testimonianze su Bandiera Rossa, il vecchio giornale dei trozkisti italiani.
e di andare in Francia, nella zona in cui Tresso fu ucciso dagli stalinisti.
avevo visto la cartina, ipotizzato unweek end.
non dico che mi sento fortunato ma ho scampato un pericolo-
leggerò il libro di tassinari.
son contento che qualcuno, oltre a ignazio silone, abbia ricordato tresso.
annalisa,
pensa: oggi poteva essere, per me, un giorno di depressione acuta.
fortuna che ho accantonato, mesi fa, l’idea di un romanzo su pietro tresso.
l’avessi portata avanti sarei agli sgoccioli, e saprei, perché l’avrei saputo da te, che il libro l’ha già scritto qualcun altro.
è un pericolo che si corre, scrivendo.
a volte escono libri molto simili, così per caso.
(nei primi anni ottanta negli states Uscì un libro, che divenne un best seller, dal titolo Io sono ok, tu sei ok.
banalizzando, diceva le stesse cose di un libro italiano, Genitalità e cultura, scritto da Franco Fornari).
L’ha fatto Stefano Tassinari, che ha citato due libri (piccoli) su Tresso, già usciti, e una pubblicazione fatta a Schio (mi sembra) perché Tresso era di quelle parti.
Il libro è appena uscito, si intitola “Il vento contro”, Marco Tropea editore. E’ un romanzo, ha detto Tassinari, ma c’è dentro verità, molta.
“mi faceva delle paranoie”, che nostalgia! Mi ricordo il mio frasario ai tempi del liceo. Paranoia era uno dei termini più in voga. Un giorno scrissi in un tema che in quel periodo ero in paranoia e la mia insegnante Maria Luisa Rosencrantz (austro-ebrea, perfida, affascinante) mi fece fare un tema intitolato Paranoia.
Io glielo consegnai soddisfatta e lei, naturalmente, mi mise insufficiente. Non mi feci nessuna paranoia però!
aquanive,
sai che non riesco ad abbinare il tuo nick a un nome, un ricordo?
(non ci fare caso: ogni giorno mi dimentico nomi, e m’incacchio).
grazie comunque
Non è l’alba, ma il magone me lo hai fatto venire lo stesso.
Se Leone e Anna mi erano piaciuti da matti (Anna, poi, lo sai, che te l’ho dovuto dire subito, l’ho proprio amata) con questo tuo post li amo ancora di più. Bella l’immagine di quel frammento che ha dato vita al tuo libro. E bella la storia (le storie) che c’è (ci sono) dietro. Bello anche il tuo vagare, il tuo lasciarti andare ai ricordi e al racconto.
Immagino che i tuoi amici ti chiedano sempre di raccontare e restino ammutoliti ad ascoltarti per ore. Perchè io così farei.
I.
p.s: sono loggata, ho provato ad aprire un blog su wordpress, ma mi sa che lo chiudo.
pp.ss.: ovviamente, appena è online, l’intervista la voglio! :-)
una segnalazione: facce di anarchici e di sovversivi. potevano essere amici e parenti del padre di quella ragazza che fece innamorare Leone l’anarchico
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/296/55.htm
annalisa, che libro hai di Tresso? io ne ho uno (che mi ha prestato Novelli) ma ne avevo letto uno, di una casa editrice anarchica e che mi aveva prestato quel mio compagno di scuola anarchico, di cui ricordo tante pagine ma né il titolo né l’autore.
ricordo che c’era la moglie di tresso, che cercava testimonianze.
tresso, una vittima dello stalinismo.
volevo scrivere un libro su di lui, non ne ho il tempo, lo facesse qualcun altro ne sarei contento.
vorrei che si sapesse di più di pietro tresso.
o di tanti “calpestati” dalla storia.
Allora: ho parlato del tuo libro, di là dove parlo di libri, e ne parlerò ancora, perché ho da dire qualcosa su Fabrizio, e su Anna e così via. Ma è un libro che sono contenta di avere avuto in mano e di essere stata costretta a leggerlo fino alla fine. E no, non sono stata condizionata dal conoscerti, nel leggerlo così di colpo, e nemmeno nel trovarci qualche virgola in meno :-)
Anche perché non so se poter dire che conosco l’autore più di quanto conosco, che so, Alessandro Manzoni: alle volte mi rivolto contro il Web e torno a pensare che le uniche conoscenze siano quelle di carne e ossa. Sbaglio, eh?
E poi (guarda che Rete e che coincidenze sul web) il tuo libro mi ha fatto mettere da parte proprio la storia di Pietro Tresso, detto “Blasco”, di cui non sapevo assolutamente niente fino all’altro ieri. Ma mercoledì, a Piacenza, c’era Stefano Tassinari e ci ha raccontato di Pietro Tresso, e ora sto leggendo. Con più fatica, con più lentezza, lo prendo e lo rimetto giù, ma è una storia grande, mi sembra, di grandi sentimenti, di grandi idee.
Capisco anche il resto. La voglia di bruciare tutto, dico, quando dal foglio non esce quello che c’è nascosto. E’ un po’ una stupidaggine, ma mi viene in mente Michelangelo che soffre e infuria e se la prende col Mosè che non parla. Vero è che, almeno, lui il Mosè lo aveva finito e soffriva per la troppa bellezza.
Ti auguro allora di arrivare a soffrire per questo.
Non so che aggiungere. Aggiungo la mia emozione (e un po’ di magone, sì, per quel padre, ma anche per quei tempi andati che dalle tue storie mi sembrano più duri, a volte, ma anche più luminosi, più onesti. Poi non si può generalizzare, lo so. E’ solo la mia impressione)
sabrina
Roby,
a parte Galleani e gli anarchici di Castelpoggio e le cose che si sanno, io credo (da ragazzo simpatizzavo per la quarta internazionale, i trotzkisti insomma) che la storia del movimento operaio e sindacale italiano dovrebbe essere riscritta, prima o poi.
qualcuno sa di Pietro Tresso, fatto ammazzare dagli stalinisti togliattiani dopo essere stato rinchiuso in un campo di prigionia, dai tedeschi?
Massimo Novelli, storico e giornalista, si è imbattuto in storie (orali) di bande partigiane di anarchici e trozkisti, poi cancellate dalla storiografia.
gea, sono d’accordo. e si potrebbe dire, raccontare su questo. mi viene da ridere quando invece si tende a semplificare: di qui i buoni e di là i cattivi.
non è così nella vita reale. quel medico e quell’insegnante, per esempio, son persone che votano la destra, e io ne prendo atto, punto.
roby, non ricordo l’anno, sarà stato il 76 o il 77. a torino conobbi una ragazza di massa, anarchica figlia di un anarchico. il tempo di una pizza insieme, a mezzogiorno (da un toscano che in vi Garibaldi faceva le pizze al tegamino). mi raccontò e quel che mi raccontò l’ho messo nel libro.
leone l’anarchico (ma anche il mio compagno di classe) idealizza la zona di Massa e di Carrara.
Anna Antichi, del resto, racconta solo che suo padre divenne anarchico per via di una bella anarchica, conosciuta nei “luoghi dell’anarchia”.
(io ho trasposto: quel giorno ero tentato di diventare anarchico per via di una ragazza che si professava tale e che veniva dai luoghi dell’anarchia e che aveva due bellissimi occhi neri….)
poi gli anarchici son gente strana, ci sono e non si sa.
a gattinara, pochi anni fa, ne morì uno.
alcuni sapevano che era anarchico altri invece lo seppero al funerale. senza prete, con una banda (di una soms) che suonava Addio Lugano Bella, e un gruppetto di persone, venute da chissà dove, con un fazzoletto rosso e nero al collo.
quando calarono la bara, salutarono col pugno chiuso, poi se ne andarono.
di dov’erano, chi erano?
nel mio libro ho elaborato solo questi riferimenti. e altro.
(quelli del circolo Galleani di Vercelli, anarchici pane e salame con Leone, avevano contatti con anarchici toscani. A Vercelli, credo fosse il 1975 o 76) ci fu un’imponente manifestazione di anarchici.
per imponente intendo 300 persone.
ordinatissimi, sfilavano e la gente li guardava e soprattutto li ascoltava: la canzone più gettonata, allora, era La locomotiva.
grazie lucylucy. quando arriverà il primo maggio posterò, qui, se l’interessata mi dà l’okay, un racconto.
che celebra il primo maggio, visto con gli occhi di una bimba figlia di un comunista, ma che traguarda l’aspetto ideologico.
cio elisabetta, manca sempre il tempo per vederci o sentirci.
un abbraccio
annalisa,
camilleri, che per me è il più grande scrittore italiano vivente, mi fa lo stesso effetto quando lo leggo. mi piace, ma non tutto. e non so dire quanti siano i libri di cui mi piaccia tutto.
direi che si accettano oppure no, perché sono imperfetti i libri.
poi succede anche che su un libro si ha maggiormente da ridire quando si conosce l’autore, ma non so se questo e il tuo caso.
di sicuro i miei libri, potessi, li riscriverei tutti. a volte li brucerei, anche.
e brucerei, per esempio (ma non ho il camino), quel che sto scrivendo, ora. pensa annalisa: sto scrivendo e quel che scrivo non mi piace, non mi convince e mi fa male anche.
quiondi certo che puoi dire, certo.
laura, è successo questo. ieri ho ri-visto il mio vecchio blog. l’ho trovato più “luminoso”. allora mi son detto, c’è qualcosa che non va qui. a partire dai colori, troppo bui. così ho cercato tra le foto, ne ho pochissime. ho trovato quella: alla presentazione de Lo scommettitore alla libreria dell’Eternauta, a Roma. Nella foto sto guardando Isabella Moroni, che mi sta presentando e chiedendo cose.
Bellissima la foto, Remo. Finalmente tutti possono vedere la tua bella faccia da cronista d’altri tempi.
Laura
p.s.: bella foto :-)
Sì, condivido: molto belli questi ultimi post.
Grazie per aver raccontato. Ho letto il libro, l’altro ieri, ci ho trovato cose che mi sono piaciute e altre meno (posso dirlo?), ma sta di fatto che io sono una dormigliona, e vado a letto prestissimo, e l’altra sera, su a leggere il libro perché dovevo per forza finirlo, ho mandato qualche accidenti a te, che mi hai fatto star su ben oltre mezzanotte e non mi hai permesso di chiuderlo e continuarlo dopo. La mattina ero suonata come una campana.
E mi ricordo di quanti dicevano che Anna A. era antipatica. A me, no.
Mi piacciono molto questi tuoi ultimi post Remo. Volevo dirtelo. E mi mancate tu e Francesca. Ma questo lo sai già.
Buona giornata (qui diluvia e fa freddo).
E.
condivido il commento di gea (anche il magone)
due brave persone, una di destra una di sinistra…
è questo che conta.
Sono belli questi ricordi di vita e forse fanno anche bene al cuore, nel senso che lasciano uno spiraglio di speranza: aldilà di schieramenti e personali opionioni, esiste – da qualche parte almeno, in qualcuno – il senso diumanità. Ti aiuto perchè sei uomo (donna) come me, perché anche tu respiri, perché anche tu soffri: come me. In pace e in guerra.
HO letto il tuo libro di recente. Abito nei luoghi dell’anarchia, che è diventata una battuta da guida turistica. Una volta all’ufficio informazioni dove stagionalmente lavoro, si è presentato un ragazzo del nord; mi chiedeva informazioni per fare una sorta di itinerario dell’anarchia: era sinceramente entusiasta. Ma chi glielo spiegava che i luoghi son rimasti quelli ma svuotati di questo contenuto? Nel tuo libro citi Sarzana – la mercante – e Carrara l’anarchica. Ti assicuro che qui pochi ne sanno qualcosa, salvo ‘gli addetti ai lavori’. Magari qualcuno l’ha avuto in famiglia, un anarchico: ma rimane una specie di capitolo di un libro che nessuno legge più.
Un avo di mio marito, noto per la sua maestria in cucina e per questa sua fede, veniva spesso chiamato da una famiglia della Carrara bene, perché quando passavano i regnanti in visita, da loro si fermavano. Un anarchico che cucina per il re. Rientrato a casa dopo una di queste giornate, una notte viene svegliato da qualcuno che batteva rumorosamente sul suo portone. Si disse: ‘ahia, ci siamo, mi arrestano’. E invece pare che fosse un non-so-chi della regina, che voleva la ricetta dei ravioli.
Per me è stata come una nota stonata nel tuo libro, una specie di citazione di quel che in verità non esiste. Mi ha fatto sorridere, il che rivela forse quel vuoto di cui ti parlavo. Se vieni in zona e parli di Carrara l’anarchica, tutti ti diranno che sì, che è vero. Ma non si va oltre. Non ha lasciato grande traccia nel tessuto sociale; direi che si respira qui, come ovunque ormai, il nulla.
Grazie comunque per la citazione dei circoli Galleani: ho scoperto che questo anarchico tutto d’un pezzo è venuto a morire qui, nel comune di Caprigliola. Questo invece mi ridà il senso di una realtà vera: questi sono davvero posti da confino, come le isole. Adesso ce lo siamo scordati ma la miseria, quella nera, non è roba di secoli fa. Ancora mi ricordo il padre di un’amica, emigrato qui dalla Sicilia; mi disse un giorno che la vera povertà la vide, quando si trasferì dalle nostre parti…altro che sud.
rb
le persone, remo.
sono le persone che contano. al di là del resto.
integre, oneste, pulite. con limiti e difetti e di conseguenza tanta umanità.
un amico magistrato tempo fa mi disse: ho imparato a non giudicare mai le persone, ma sempre e solo le loro singole azioni.
è l’alba, e non sono lucida. e mi hai fatto venire il magone.