A 4 mani, 10° racconto: Take away

L’odore di fritto stagnava nell’aria. Chen si scostò una ciocca di capelli dagli occhi e lo vide. Era la seconda volta che il ragazzo veniva al take away. Ordinò lo stesso menu del giorno prima: il numero sei. Dopo aver passato l’ordine in cucina Chen lo studiò con calma. Alto, biondo. Bellissimo.
La voce del cuoco che le annunciava il sei nel passavivande, la riscosse.
Gli consegnò il contenitore e lo guardò, esitante. Lui ammiccò disinvolto. Chen distese le labbra in un sorriso compiaciuto.
Portò di nuovo la mano ai capelli, stavolta nel gesto della donna che sente su di sé uno sguardo ammirato. Lo seguì con gli occhi, oltre la vetrata appannata dal vapore.
Quando lui sparì osservò la propria immagine riflessa, appena distorta. Si trovò carina, molto più del solito.
Voltandosi notò il cuoco affacciato al passavivande che la fissava. Seccata, gli fece una
smorfia.
Wang, il cuoco, era il suo fidanzato. Provenivano dallo stesso villaggio e gli era stata promessa fin da bambina. Lui era partito per l’Italia cinque anni prima e lei lo aveva raggiunto da poco, accettando la scelta della sua famiglia, nel rispetto della tradizione. Ora, nell’attesa che la comunità cinese celebrasse le loro nozze, si trovava alle prese con uno sconosciuto, in un paese straniero di cui non parlava la lingua.
Aveva però fatto in tempo a guardarsi intorno e ad apprezzare le differenze.
E quando il ragazzo tornò la sera dopo, con una maglietta dello stesso azzurro dei suoi occhi, cominciò a sognare la libertà che non aveva mai avuto.
Chiese ancora il numero sei. Chen sorrise, con la bocca, con gli occhi allungati, con ogni poro della sua pelle ambrata e passò l’ordine. Wang eseguì, poi rimase affacciato a osservare, un mestolo in mano.
Chen si sentì trafiggere le spalle dalle sue occhiate, ma continuò a ignorarlo, concentrata sul suo idolo.
Restò assorta e sognante per qualche secondo. Poi prese il contenitore dalle mani unte di Wang e lo porse a Occhiblu che, col suo atteggiamento, pareva provocare il cuoco sfacciatamente.
Fu percorsa da un palpito di grata intesa: sembrava pronto a infischiarsene di Wang e delle convenzioni sociali, proprio come lei.


Le strizzò l’occhio mentre pagava e uscì, portando con sé le sue speranze di una vita diversa.
In occidente erano le ragazze a decidere dei propri sentimenti. E, nonostante il cuoco avesse un aspetto gradevole, Chen preferiva Occhiblu e la libertà.


L’indomani l’attesa le parve interminabile. Anche Wang era più nervoso del solito, come se qualcosa lo tormentasse. Chen oscillava fra l’irritazione e la pena nei suoi confronti. In fondo anche lui era stato costretto a quel fidanzamento. Ma tutti i suoi crucci svanirono quando Occhiblù fece la sua apparizione, preceduto da un intenso aroma di dopobarba.
Aveva un sorriso esitante, studiò la lista come se fosse incerto fra i vari menu.
“Il solito” disse infine, con decisione.
Appena Chen passò l’ordinazione, Wang si affacciò dal passavivande e i suoi occhi brillarono di consapevolezza.
La ragazza pensò che avrebbe scoraggiato il suo corteggiatore ma questi sfoggiò un sorriso ancora più ampio. Drizzò le spalle, mettendo in mostra un fisico da atleta.
Era evidente che non intendeva lasciarsi intimidire. Chen, rassicurata, seguì con la mano i contorni del biglietto che aveva in tasca. Non sapeva scrivere in italiano ma lui non avrebbe potuto equivocare il significato del cuore che vi aveva disegnato.
Wang le passò il contenitore e poggiò i gomiti sul bordo della finestrella, fissando il rivale.
Chen ne approfittò per infilare il biglietto nella scatola. La porse al ragazzo con trepidazione, come se gli consegnasse il suo, di cuore, oltre a quello disegnato.
Passò la notte a chiedersi se il messaggio avrebbe raggiunto lo scopo. Gli sguardi di Occhiblu erano inequivocabili ma un approccio esplicito, in presenza dell’incombente Wang, era difficile.
La sua sottile inquietudine durò poche ore.
Occhiblu arrivò verso sera. Appariva turbato, in preda a un’emozione intensa che lo rendeva ancora più attraente.
Guardò entrambi, chiaramente imbarazzato di fronte a Wang. Ma la certezza di essere ricambiato gli conferì coraggio.
“Un numero sei…E.. a che ora chiudete, di solito?” Arrossì, conscio dell’esile scusa. “Per regolarmi.. se a volte avessi necessità di ordinare la sera tardi..”.
Chen avrebbe voluto baciarlo, dalla felicità: aveva trovato il modo per darle un appuntamento.
“Alle undici”, rispose Wang, precedendola.
I due uomini si fronteggiarono, in silenzio.
Quando il contenitore arrivò, Chen lo passò a Occhiblu e stavolta ricambiò l’occhiolino, a conferma dell’intesa.
Alle undici meno dieci la saracinesca fu abbassata. Chen si cambiò e si piazzò davanti allo specchio, per sistemarsi i capelli.
“Ho da fare, stasera.” Wang era sulla porta, col grembiule in mano. “Chiudi tu, per favore.”
Si sbirciò anche lui nello specchio, gettò il grembiule su una sedia e uscì in fretta, scivolando sotto la saracinesca.
Chen fece spallucce: meglio così, non avrebbe corso il rischio d’essere scoperta. Sicuramente il ragazzo la stava aspettando dietro l’angolo, per non dare nell’occhio.
Era pronta. I lunghi capelli sciolti, liberati dall’obbligatoria cuffietta, formavano un sensuale contrasto col verde giada del vestito aderente.
Sicura del suo fascino, uscì nella notte e ne respirò l’odore puro. Si avviò verso il vicolo, all’angolo dell’isolato.
Udì delle voci e rallentò, affacciandosi con circospezione.
Sospirò di sollievo, nel riconoscere l’alta figura di Occhiblu. Era venuto: stavolta il suo take away sarebbe stata lei.
Il ragazzo era di spalle e parlava piano con qualcuno nascosto dall’ombra del muro. Una mano si protese, come dal nulla, ad accarezzargli il volto. Occhiblu la strinse.
Wang uscì dall’ombra e lo cinse alla vita. Lui fece altrettanto e Chen li vide incamminarsi lungo il vicolo, allacciati.
L’unica cosa che riuscì a pensare fu che Wang era senz’altro più motivato di lei a non rispettare le tradizioni familiari.

24 pensieri su “A 4 mani, 10° racconto: Take away

  1. Mi chiedo se la fuga di Wang con occhiblu possa essere metafora di uno stato d’animo in cui si ama molto sè stessi, a volte a discapito degli altri e delle loro aspettative. Vista in quest’ottica del tutto personale potrebbe riguradare chiunque, senza differenza di sesso. Lo trovo tuttosommato uno stato profondo di conservazione dell’individuo che chiunque dovrebbe avere, qualcuno la chiama autostima..orgoglio di sè, o forse più semplicemente è un istinto naturale diversamente amplificato in ognuno. In qualunque caso è un bene che la ragazza (o, se fosse, il ragazzo) inizi a farsene una ragione e ad accettare gli altri per quelli che sono. Nel racconto è descritto come un passaggio rapido e certamente nella realtà avviene con tempistiche più lunghe, magari passando anche dall’incomprensione. Potrebbe dunque apparire un gesto distaccato il suo. Per questo forse viene colto come menefreghismo, quando invece è consapevolezza del proprio essere. Resta una opinione personale, comunque.

    Ps: Ho un accendino con lo stesso disegno del biglietto, una bambina regge il cuore; sono malata come falconiere di ricordi. Lo conservo in una scatola come un regalo visto e accarezzato ma non consegnato, l’intenzione c’era.. poi.. l’ho riportato a casa, perchè volevo il suo tocco con me.. per un po’.

  2. Finalmente un racconto che ci racconta qualcosa, con piacevolezza. Il migliore per me, bravi gli autori. La cucina cinese non è mai stata così saporita e gradevole.
    1) Take away
    2) Anni sereni
    3) Il primo figlio
    4) Antiferesi
    5) la casa del mais
    6) la confraternita della banacauda
    7) strategie di mercato
    8) E poi
    9) A caccia di arcobaleni
    10) il tempo necessario

  3. eh, eh, occhiblu aveva l’occhio lungo! Racconto carino, giocato sulla trepidazione innocente di Chen e sulla sua voglia di libertà. Un microcosmo ben confezionato.

  4. Non mi riferivo certo a te, lucypestifera (e permalosa ;-) ), ho notato che sei molto equanime nei tuoi commenti.
    Comunque il maggior numero dei commenti è sempre il primo giorno e ieri era giovedì.. Ma sarà un caso, non volevo essere malizioso per forza.

  5. no, è il trenta luglio, venerdì, e la gente sta partendo per le vacanze o per un w.e.
    io sono una pestifera, ma se una cosa è buona lo dico. sei malizioso a dire quello che dici in chiusura.

  6. Forse un uomo e una donna? Comunque bravi/e!
    Castigat ridendo mores, come una satira, ironizzando su temi in realtà delicati e scottanti. Scrittura ritmata, essenziale ma sapiente, da professionisti. E, soprattutto, racconta una storia, anche nelle poche battute a disposizione, riesce ad avvincere, non è il solito pistolotto, ancorchè ben scritto, di chi si avvita sulle proprie o altrui disgrazie.
    Non è facile, lo capisco, scrivere una bella storia in poche righe, senza essere banali o incomprensibili. Questo racconto ci è riuscito, bravi.
    P.S. Vedo che rispetto agli altri ha pochi commenti. Forse a molti piace dare solo giudizi negativi?

  7. Proprio carino… Scritto bene, con leggerezza, estremamente piacevole. Io non sarò
    smaliziata, perchè il finale non me lo ero immaginato.
    L’alternanza delle mani non si avverte (non sono attenta come Annalisa…) e secondo me, sono comunque mani femminili. Mi sbaglierò?

    Milvia

  8. No limit, take away what you want.
    Benissimo la fusione di nazionalità, di sentimenti, di scelte, di seduzioni. Il menù numero sei è complesso ma ben assortito.
    Benissimo la fusione di stile, di tecnica delle autrici.
    I cash and carry away. Cheng, Wang, l’amore ha gli occhiblu.

  9. Molto carino. L’equivoco è stato giocato bene, anche se qualcosa si intuisce. Forse siamo tutti un po’ smaliziati? Complimenti!
    A me il finale piace così: una reazione razionale per non farsi travolgere dai pezzi di mondo che cadono. In fondo Occhiblu lei non lo conosceva, era un’illusione, un castello in aria costruito più per sfuggire ad una realtà che non le piaceva. Nel finale, per me, c’è una nota positiva, di speranza che di Occhiblu ce ne saranno altri…

  10. E’ il primo commento che lascio, anche se li ho letti tutti, perchè è l’unico che mi è piaciuto completamente. Ben scritto, piacevole, leggero solo in apparenza, perchè in realtà sfiora con garbo e ironia temi tutt’altro che banali.
    Indistinguibili le quattro mani, non sono riuscita a scorgere accenti o virgole usati diversamente.
    Non sono d’accordo con chi avrebbe voluto eliminare il finale, sarebbe stato tronco. Anche perchè è evidente che lei è come paralizzata dallo shock e infatti dice “l’unica cosa che riesce a pensare.” La reazione di rabbia o disperazione verrà subito dopo. Mi sembra del tutto credibile,
    Davvero complimenti

  11. Un po’ ‘telefonato’ il finale, sì.
    Posso dire che le due mani si distinguono in base all’uso diverso degli accenti e delle virgole, o sono cose che in un racconto non vanno notate? :-)

    (d’accordo con Sterno sul togliere le righe finali)

  12. A Sterno.
    Sì, il finale da te suggerito sarebbe stato più incisivo. Comunque…la leggerezza orientale…

  13. Bello davvero. Scritto bene e originale. Anch’io avevo intuito il finale spiazzante, ormai siamo tutti troppo abituati ai colpi di scena cinici, ma la tensione del racconto è tenuta bene fino alla fine. D’accordo con Sterno sulla didascalia finale: senza non se ne sentirebbe la mancanza. Finora il più bel racconto a mio parere.
    E brave davvero le quattro mani a sembrare due sole!

  14. Sterno, è mentalità orientale, è una reazione Zen! :)

    Io non mi aspettavo il finale così, sono sincera, mi aspettavo già un agguato violento, splatter con il cuoco sogghignante… e invece no: felici loro, comprensiva lei, che si vede che c ha un animo buono e semplicemente sereno. un happy end. ah che meraviglia.

  15. sì, ma, mi ripeto, ho l’impressione che anche qui il finale sia allungato a sproposito.
    naturalmente posso sbagliarmi, ma la reazione di lei è (di nuovo) troppo razionale. dovrebbe caderle il mondo addosso, si sta presentando ad un appuntamento al buio, ha il cuore a mille, ci pensa da giorni. L’unica cosa che riesce a pensare non può essere che Wang sia più motivato di lei, andiamo.

    è un buon racconto, ma immaginate come sarebbe stato l’effetto se fosse finito qui:

    Una mano si protese, come dal nulla, ad accarezzargli il volto. Occhiblu la strinse. Wang uscì dall’ombra e lo cinse alla vita. Lui fece altrettanto.

  16. Avevo intuito che sarebbe finita così al momento del passaggio del cuore nella scatola.
    Bel racconto, spero che i due stiano bene insieme, e Chen trovi qualcun altro, occhi a mandorla o meno, sicuramente i suoi deve imparare ad aprirli bene.
    Racconto ben scritto, complimenti, non son riuscito a distinguere le 4 mani.
    Fausto

  17. che spreco! una volta scrissi una cosa così, ma la mia lei era odiosa. mi spiace per la cinciuè, gli occhiblu non si trovano sotto i cavoli, e neanche tra le nuvole di drago o dentro gli involtini primavera.
    scritto bene.

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