Allora, m’è successo di avere un racconto in testa, ma poi, quando ormai ci avevo pensato e ripensato e anche un po’ messo da parte (ché ormai l’avevo scritto: in testa), è successo che è sparito. Puff.
Detto questo, ora, dico altro (poi ci torno, al racconto perso).
Io dico sempre che uno scrittore deve leggere, ma non tantissimo. E deve leggere di tutto: i classici, i contemporanei, il giornale, i fumetti, i saggi, le pubblicità, anche indicazioni e controindicazioni delle medicine; e quando legge, uno che vuole anche scrivere, deve – e non è facile – lasciarsi andare “dentro la lettura”, perché un libro questo ti chiede, ti prendo e ti porto via, ma allo stesso tempo studiare con la lente di ingrandimento quel che si legge, facendo una sorta di editing a quel che è brutto, cercando invece di farsi possedere dalle scritture talentuose, un po’ come fanno i bravi musicisti quando ascoltano i musicisti che son più bravi di loro cercan di carpire quel che forse non si può carpire.
Ma chi scrive, io credo, non deve solo leggere e leggere e poi ancora leggere e infine scrivere: perché rischia di scrivere quel che ha letto.
Uno scrittore, invece, deve raccontare e, quindi, per fare questo, deve sì leggere (soprattutto con la lente di ingrandimento) i libri ma deve, anche, vivere e vedere la vita da scrittore, e cioè con un’altra lente di ingrandimento ancora.
Uno scrittore è scrittore in pizzeria, in spiaggia, in fabbrica, al cinema o a teatro, in una festa o lontano da una festa, forse uno scrittore è scrittore anche nei momenti di intimità (forse), ma attenzione, la scrittura – esercitandola così, intendo – non è una sorta di possessione: è solo un allenare la mente a fare quel che sembra facile ma facile non è: osservare.
Allora, io quel racconto l’ho perso, chissà che fine ha fatto, sarà rimasto in Salento, chissà, a godersi le ferie, e magari resterà lì, per sempre.
Ma scrivere scrivere scrivere, che è ormai diventata la mia vita, dove mi porta e soprattutto perché?
Perché cercare a tutti i costi di scrivere e poi cercare a tutti i costi l’ìindustria libraria e poi cercare a tutti i costi il lettore quando né l’industria libraria né i lettori sono alla ricerca degli scrittori?
A volte ricevo mail, che vogliono essere un regalo, e sono un regalo: Ti regalo da leggere questo mio racconto, l’ha letto nessuno.
Ma a volte ricevo anche libri, pile di libri: regali.
Ah, penso.
Ho come la sensazione, da tempo, di essere anche io così: un peso.
Magari mi sbaglio (perché già Bianciardi nel 1956 diceva che tutti vogliono scrivere) ma ho la sensazione che la scrittura in offerta speciale, leggimi, sia un po’ come i telefonini, che son dappertutto e dappertutto squillano.
E c’è una gara, poi, di suonerie,che s’annullano (e s’invidiano).
Anche io, chissà quante volte, sono in una pilla di libri, uffa, da leggere.
Scrivere perché?
Perché ormai la mia vita è cadenzata così (la notte da mezzanotte alle cinque, oltre a leggere e cazzeggiare, che farei?), ma non è una risposta, questa.
E buon sabato.