Una giovane utente-frequentatrice di Anobii, Claudia, in un commento a La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano ha scritto:
I titoli mi affascinano sempre moltissimo…come può deluderti “Se una notte d’inverno un viaggiatore” o “Sogno di una notte di mezza estate”? Quando ho comprato questo romanzo l’ho fatto attratta proprio da questo…e mi sono lasciata prendere dalla storia, dalla scrittura limpida, e forse un po’ anche dal dolore che ha dentro… Un giovane autore che spero non si fermi qui.
I titoli, già.
Dei miei quattro libri il titolo che più mi piace, Dicono di Clelia, è quello, credo, meno fortunato (in fatto di vendite e critiche).
Tra i libri comprati, di sicuro ce n’è uno che mi ha attratto per il titolo: Che tu sia per me il coltello, di Grossman.
Pari merito, altro gran bel titolo, è, a mio avviso, E non disse nemmeno una parola, di Boll (con i puntini sulla o).
Così su due piedi – ma anche per la bontà del libro e dell’autore -, proseguendo in questa mia classfica un po’ bislacca, al terzo posto metto Così è (se vi pare), di Pirandello.
Ho abbinato titoli belli a libri belli.
Spesso però un bel titolo è fuorviante; a me è successo con Belli e perdenti, di Leonard Cohen. Cohen è un cantautore-scrittore fantastico, qualcuno dice che nemmeno De André regge al confronto.
Ma Belli e perdenti l’ho preso in mano almeno tre volte per poi riporlo in libreria. Sconclusionato (ma è un giudizio datato, passibile di revisione).
Ma ci son libri di successo,
La porta,
La strada,
Il compagno,
La sorellina,
Cecità,
Una donna,
Un amore,
La madre,
che sono semplici e grandi capolavori, al contempo (di Magda Szabò, Cormac McCarthy, Pavese, Chandler, Saramago, Sibilla Aleramo, Buzzati, Pearl S. Buck).
Una persona a me cara, che ha lavorato e lavoro nella editoria italiana con la e e la i maiuscola, un giorno (eravamo al salone del libro di Torino), mi disse:
Camilleri può essere pubblicato con una copertina blu e un titolo che non attrae, un esordiente no.
Ora che ci ripenso: forse forse, rispetto a Così è (se vi pare), è meglio L’inverno del nostro scontento, di Stainbeck.
I miei tre titoli preferiti: Che tu sia per me il coltello. E non disse nemmeno una parola. L’inverno del nostro scontento.
Poi: Così è (se vi pare) e L’amore ai tempi del colera.
Che dire, poi, dei titoli tormentoni? Oggi Non è un paese per vecchi, anni fa Cronaca di una morta annunciata.
E poi. Ho una tendenza a dimenticarli i titoli, io. Certi titoli. Per esempio ho dovuto guardare in libreria per ricordare il titolo del libro di Montalban che più mi è piaciuto (L’uomo della mia vita) mentre non fatico assolutamente a ricordare un libro di Montalban che non ho letto: Il centravanti è stato assassinato verso sera.
(Chissà a che ora?
Alle cinque della sera?)
Dimenticavo. Ma la domanda è: può un tiolo incidere sulle vendite? Penso per esempio a un libro comunque interessante, In culo oggi no, di Jana Cerna’, casa editrice e/o…
Buona giornata
PS. Jana Cerna’ (autrice di In culo oggi no) è stata negli anni dello stalinismo (leggo sulla quarta di copertina del libro) uno dei personaggi chiave dell’underground praghese, un movimento con molte analogie con la beat generation. Sua madre era Milena Jesenska’, la famosa Milena di Kafka.
La donna che parlava con i morti io avrei voluto che si intitolasse La donna che parla coi morti. Alla Newton e Tecla Dozio mi convinsero che non era elegante, che era meglio La donna che parlava, e soprattutto con i rispetto a coi.
Leonard Cohen, un grande. Suzanne. Ricordo che in un’intervista disse che no, Suzanne non esiste(va).
detto da me intendo
per quanto poco può valere “Dicono di Clelia” è un bel titolo e anche un bel libro
Grazie aitan, refuso corretto (ti sei divertito???)
Agalaja, io ci ho messo di più: a 26.
Son messo peggio.
ciao
Il libro della vita spuntò da una bancarella,
Avevo 17 anni e L’idiota mi chiamò per assoluta identificazione :-)
A.
Non so se l’ha già detto qualcuno, ma
L’amore ai tempi del colora è un lapsus bellissimo.
la cognizione del dolore.
l’avevo dimenticato.
Non sono attratto solo dal titolo ma dall’insieme, dal giusto equilibrio tra tutte le parti. Di solito guardo anche come il testo è stato stampato: i libri della mondadori per esempio sono stampati malissimo, a mio parere.
Tra i miei titoli preferiti “Cuore di tenebra”, “Scorrete lacrime, disse il poliziotto”, “Dieci piccoli indiani”, “L’opera struggente di un formidabile genio”, “L’amore è un cane che viene dall’inferno”. Poi non ne ricordo altri
Su anobii c’è pure un gruppo di discussione: “I titoli di libri più irresistibili…”
Non comprerei mai un libro per un titolo, né un giornale per la copertina, nè un film per la locandina. Ma per il pubblico tutto questo conta eccome. Come sai, c’è uno solo dei nostri lavori che ha un titolo oggettivamente intrigante. A prima vista. Poi chissà come andrà a finire.
Un abbraccio e mi sono piaciuti i tuoi interventi su aNobii riguardo C.F. ennesimo genio della lampada tra i sedicenti talentuosi del mondo librario. Sai sempre trovare il tono giusto.
Laura
p.s. posso consigliarti un titolo e un libro assolutamente intriganti? Il senso del dolore, di Maurizio de Giovanni, ed. Fandango. Se ne parlerà parecchio a breve, ne sono certa.
Domani nella battaglia pensa a me è davvero un grande titolo.
Anche Nei mari estremi.
Bel titolo, bel libro.
No, non ho letto Milena, l’amica di Kafka. Vedrò di ricordarmelo quando vado in ilbreria, trovo niente, poi prendo qualcosa che non mi convince e che non leggerò.
E mi sono anche appuntato il petalo cremisi e il bianco.
E In culo oggi no è un buon libro, ha perlomeno il pregio del raccontar diverso.
Grazie a tutti
I titoli sono importanti, specie quando sono delle traduzioni: Il Giovane Holden non rende nemmeno lontanamente l’idea che evoca The Catcher in The Rye (titolo originale), molto più bello. Ma se non c’è il contenuto non c’è titolo che tenga.
Nei mari estremi – la casa là – A lettere di fuoco. Sono i primi tre che mi vengono in mente. Post interessante.
Remino ritorna sui tuoi passi, acquistalo, poi buttati dentro con tutto te stesso, cremisi è il colore del fuoco, attento a non bruciarti…
Baci a tutti
dory
Questo sì che vale la pena di essere detto titolo:
“Les horribles et épouvantables faits et prouesses du très renommé Pantagruel Roi des Dipsodes, fils du Grand Géant Gargantua.”
de Francois Rabelais,
olè
“Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana”
L’insostenibile leggerezza dell’essere.
riassume il libro e non tradisce le aspettative e se ti appartiene lo capisci subito.
Remo, che meraviglia questo post… accidenti, lo leggerei e rileggerei…
quanti libri ho acquistato per il solo titolo [o le sole copertine]:
Che tu sia per me il coltello, di Grossman, come del resto il suo Vedi alla voce Amore.
bonjour tristesse sagan
a volte, altri, non perchè particolarmente belli, ma perchè mi dicevano qualcosa, come:
Carne e sangue di Cunninghan
Morbose fantasie di Tanizaki
ma adesso basta, altrimenti ti annoio!
P.s. Hai mai letto Milena, l’amica di Kafka di M. Buber – Neuman, Adelphi?
“In culo oggi no” è apparentemente un titolo fuorviante: sembra messo lì apposta per vendere.
Invece è perfetto (al di là del fatto che è il titolo di una poesia di Jana Cerna): in qualche modo è tesi, antitesi e sintesi del contenuto.
(ci ho fatto pure un post su questo libro, da qualche parte del mio blog, perché Jana Cerna era geniale)
Io credo di avere una passione per i titoli “lunghi”. Anche io ho comprato la solitudine dei numeri primi attratta dal titolo. Poi adoro L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera e Domani nella battaglia pensa a me di Marìas ma qui c’entra Shakespeare. Va beh l’esempio non è calzante perchè qui, oltre ai titoli, stiamo parlando di capolavori… L.
Il dio delle piccole cose
Lessico famigliare
Film: Non ci resta che piangere
E “Cose che bisognerebbe sapere” della Homes e “L’invenzione della solitudine” di Auster!
(insomma pare che il titolo per essere bello debba essere lungo)…
I titoli sono importanti. “Vedi alla voce amore”, sempre Grossman. “Domani nella battaglia pensa a me” di Marìas.
“Un cuore così bianco”
“Quel che resta del giorno”… dov’è finito? Non bisogna prestare mai libri a nessuno. Non ho ancora imparato. Gran libro, comunque.
per me un titolo bellissimo è La pelle interna delle cose solo, il libro non esiste, dovrei scriverlo io, ma non ciò voglia.
Calvino scrisse “Il sentiero dei nidi di ragno” nel 1946.
Non so come riuscì a passare un titolo schietto e anticonformista come questo in quegli anni duri. Non so se fu Vittorini che glie lo lasciò; pare un titolo di libro per ragazzine/i, boh…
A me è sempre piaciuto un mondo: titolo e storia.
Mi fanno imbizzarrire di piacere certi titoli lunghi della letteratura barocca, come certi di Francisco De Quevedo:
“La Historia de la vida del Buscòn llamado Don Pablos” oppure
“Las quatro pestes del mundo y los cuatro fantasmas de la vida”
e via dicendo
nessun punto, nessuna regola, cara gea.
almeno in rete.
e grazie
guida galattica per autostoppisti
ogni cosa è illuminata
l’uomo che guardava passare i treni
l’ultimo è un pisquano, charlie brown
amnesie di un viaggiatore involontario
roba così è irresistibile.
per me, ovviamente.
poi non è detto che, ma non era questo il punto, vero?
Habanera, ti racconto quel che racconto quando vado in giro (e non è cosa frequente) a presentare La donna che parla con i morti.
Succede questo. Mentre lo sto scrivendo la Newton mi contatta. Hanno letto Lo scommettitore, mi chiedono se ho nel cassetto un libro analogo. Dico che ne sto scrivendo uno, diverso. Mi chedono la sinossi e un capitolo. Mandai una sinossi alla buona, mandai il capitolo il cui Roberto Scolari entra in chiesa e vede, di spalla, Marta, la donna che parla con i morti.
La Newton, subito, mi propose quel titolo e io avevo qualche perplessità (come alternative avevo “Con gli occhi di Anna”, anche perché pensavo che avrei continuato con una serie, oppure, titolo banale, La moneta maledetta). Ne parlai con Alessandra Buschi, poi con Zena e Stefania. Non trovarono il titolo forzato.
Mentre riscrivevo, però, successe questo: pensai, e quindi riscrivendo cercai di sottolinearlo questo aspetto, che anche Anna Antichi parlava con i morti, certo, senza ottenere risposte, ci parlava come parliamo tutti noi. Anna Antichi nelle prime pagine è al camposanto che parla con suo padre, Anna Antichi alla fine parla con un altro morto. Ma c’è un altro aspetto Habanera: il titolo è anche un “mio” omaggio alla persona non dico che mi ha ispirato la storia, ma che ha fatto in modo che potessi raccontare la storia di due maledizioni. Marta e Anna, e non so dire chi delle due di più, sono la donna che parla con i morti (per me). Chiaro, poi il titolo può essere ritenuto fuorviante. Ma assolvo la Newton: pensò a quel titolo sulla base di un capitolo.
Solimano,
tempo fa venne a trovarmi una vecchia partigiana. A raccontarmi la storia del suo amore segreto per un dirigemnte del Pci; si vedevano a Torino ai tempi (ricordi Solimano?) di Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda e Alle dame del castello piace molto fare quello. Titoli che non dimenticherò mai: avevo sedici, diciassette anni, erano vietati. Non credo che sarei andato a vederli: giocavo a fare l’intellettuale a quell’età.
Torno alla signora. Mi racconta che lei e il suo amante sono a Torino e vedono, è sera, che davanti a un cinemac’è la coda. Lei domanda, Ma perché devono usare le Luci rosse?, è un nuovo modo per illuminare?
Enrico,
io penso che L’elenco telefonico di Atlante abbia influito nel successo del libro; certo, manca la controprova.
Sabrina,
è anche un discorso che s’intreccia con la pubblicità.
Qualcuno di voi ricorda una famosa pubblicità degli anni ottanta della Vespa 50? Chi Vespa mangia le mele. C’era, mi spiegarono, un messaggio sessuale, all’origine del successo di quello spot. Magari per i libri è lo stesso.
Doriana,
Il petalo cremisi e il bianco lo stavo per acquistare: per il titolo.
Paolab,
sì me l’hanno detto in tanti dell’importanza della copertina. A un certo punto qualche casa editrice, pochi anni fa, cominciò a confezionare copertine con occhi che guardavano il potenziale lettore. Sembra che fossero funzionali. Anche qui, subentra un discorso pubblcitario.
Elisabetta,
anche Dalla parte del torto (è un gran titolo). Non ho mai fatto le faccine con l’occhiolino in vita mia, tu immaginane una.
Gea,
aspetto, se ti va.
Stefania,
alla fin fine dissi che poteca andare con i; anche perché mi sembrava una questione di lana caprina, discuterne. Sai, avevo fatto presente anche io che Balla coi lupi è sicuramente più efficace di Balla con i lupi. Resto dell’aviso che il miglior titolo sia quello che si può pronunciare come un’unica parola. Ballacoilupi. Megliio di: Ballacon-ilupi
Per me, il titolo migliore a livello interplanetario è “The man who whas Thursday” di Gilbert Keith Chesterton. Il bello è che il testo è fedele al titolo, parla proprio di un uomo che fu giovedì. Un gran bel libro.
Poi c’è “La Divina Commedia”, che il titolo non gliel’ha dato Dante, ma sicuramente un pretone piuttosto laico che amava gli ossimori.
Infine: “Il nome della rosa”, semplice ed efficacissimo. Si presta a diverse interpretazioni e letture, alcune anche assai maliziose. Ma Eco è bravissimo coi titoli (e col resto).
Come film, tutti e tre stranieri:
“Trouble in Paradise” di Lubitsch, “My darling Clementine” di Ford, “Les enfants du paradis” di Carné. Sono stati sciaguratamente tradotti in italiano così: “Mancia competente”, “Sfida infernale”, “Amanti perduti”.
Prima o poi lo conoscerò, qualche titolista italiano di film stranieri. E gli darò quattro sberle, tutte meritate.
Però un premio di consolazione lo do a “I soliti ignoti” di Monicelli. E’ come l’uovo di Colombo, ma prima non ci aveva pensato nessuno.
grazie Remo e saludos
Solimano
ne butto lì un paio:
Quando avevo cinque anni mi sono ucciso di H. Buten;
L’elenco telefonico di Atlantide di T. Avoledo.
cia’
e.
Ma, forse, scegliere titoli che fanno appello alle emozioni è vincente, in generale. O no?
s
Torno, con titoli che mi hanno attirato magneticamente verso il libro, che mi sono venuti in mente nel frattempo:
“Duro come l’amore” di Rossana Campo
e
“La vita intera ti ho dato” di Zoè Valdès
Nessuno dei due è stato una delusione.
ah, e poi: “Donne dagli occhi grandi” di Angeles Mastretta. Gran bel libro.
sabrina
Se non conosco l’autore, mi lascio sempre condizionare dal titolo e dall’immagine della copertina.
Libri eccellenti sia per il titolo sia per i contenuti: “Il piacere” “Il petalo cremisi e il bianco”, sono una vera magia…per me!
Remino bacio.
Remo, de La donna che parlava con i morti penso tutto il bene possibile. Se inizi a leggerlo non lo molli più, ti prende dalla prima all’ultima parola. E i personaggi, soprattutto Anna Antichi (ma non solo), ti entrano dentro, come fossero persone che conosci realmente.
Io penso che da un libro con un ritmo così incalzante si potrebbe trarre anche un ottimo film, con il regista e gli attori giusti.
Ma il titolo no, il titolo non mi attirava per niente. E non è un problema di coi o di con i. Il problema, almeno per me, era l’impatto con un’argomento che a prima vista può sembrare deprimente mentre il libro non lo è per niente. E’ tante cose quel libro, tutte forti e sentite, soprattutto vive, ma bisogna leggerlo per scoprirlo.
Sai che non faccio parte dell’ambiente, non scrivo nè mi occupo di editoria; sono soltanto una lettrice ed è da semplice lettrice, senza alcuna pretesa, che dico queste cose.
Con affetto e con molta stima
H.
una irata sensazione di peggioramento (titolo da tempi un po’ così…)
stanotte nella battaglia pensa a me (titolo per umori tra l’epico e il romantico)
(bello questo gioco… =D)
il titolo c’entra. ma a quanto pare c’entra più di tutto la copertina… ciao
Anche L’amore contro è un bel titolo.
ciao Remo
Elisabetta
Il libro di Giordano a me non è piaciuto e quel titolo ruba associazioni che nulla hanno a che fare con la storia del romanzo. Bah.
“Che tu sia per me il coltello” mi ha chiamata dallo scaffale, proprio pochi giorni fa. Come resistere?
Il libro è all’altezza del titolo, poi.
Una cantonata che ho preso con i titoli invece è “Canone inverso”. Il titolo mi ha preso, il libro nemmeno un po’.
L’amico scrittore Walter Pozzi mi disse un giorno che il suo libro che ebbe più attenzione dai media è stato “L’infedeltà”. Per via del titolo, dice lui. La fregatura è che poi il libro non parla di tradimenti. Anche Caterina Cavina, che ho conosciuto da poco in rete, ha detto in più di un’intervista che cambierebbe il titolo del suo “Le ciccione lo fanno meglio” e, allo stesso tempo dice che è quel titolo che le sta facendo vendere un sacco di copie.
Insomma. A volte ci rido, con il consorte. Il prossimo libro, gli dico, lo intotolo “Sbattimi contro il muro”, oppure “A gambe aperte”. E poi dentro ci scrivo quello che mi pare (e per ripicca non ci metto nemmeno una scena di sesso). Tanto a quel punto il lettore l’ha già comprato. Non esiste il reato di “titolo fuorviante” credo…
:-DDD
baci
sabrina
ps avrei preferito anch’io il tempo presente per il tuo ultimo titolo (parla anzichè parlava) però “coi” proprio non mi suona, mi piace più con i.
triste, solitario y final. secondo me è un titolo bellissimo nella sua non traduzione. e calza al libro come una scarpa su misura.
me ne verranno in mente altri, mo’ ci penso.
Eppure… Ti dissi subito che avrei scelto senza dubbio coi morti. Perché con i è bello, elegante e da manuale, ma i titoli sono un’altra cosa e bisogna essere duttili. Prestare l’orecchio ai suoni. E tante altre cose (lo dico nel mio piccolo, non sono qui a insegnare il mestiere a chi lo fa). :)
Sarebbero mica stati la stessa cosa Balla coi lupi o le Donne che corrono coi lupi o tutti i titoli coi fiocchi che conosciamo?
Scherza coi fanti… :)
p.s. Che gran bel pezzo di ragazzo, quel Cohen, mannaggia…