Sono in redazione, sono di corsa.
Tra un’ora circa vado a Trino Vercellese a presentare l’ultimo libro di Luisito Bianchi, I miei amici, Sironi.
Sono i diari che Luisito scrisse quando (1968-1970) lavorava alla Montecatini, a Spinetta Marengo,
Ho scelto alcune cose da leggere. Poche e brevi.
Avrei voluto leggere la quarta di copertina del libro di don Luisito, Come un atomo sulla bilancia, ma non ce l’avevo dietro (e non avevo il numero di Paola Borgonovo; e il numero di Mozzi ha squillato, senza esito positivo).
Parlerò dei tre libri di Luisito.
Dell’ultimo, credo, leggerò questa pagina (aperta a caso).
14 ottobre 1970
L’ambiente si scalda. La settimana scorsa i sindacalisti erano stati chiamati dal professore direttore della Clinica di Pavia. Dai prelievi è risultato che il reparto “colori”, in alcuni momenti della lavorazione (macinazione, giallo, eccetera) registrava da 50 a 60 volte il superamento della nocività sopportabile.
La direzione viene subito messa al corrente: bisogna fermare il reparto.
Il reparto non può essere fermato: provvederemo ad alcune opere… è allo studio un sistema… Atteggiamento inqualificabile, di una incoscienza spaventosa. Ci sono delle vite in gioco, e da trent’anni perché il reparto è così da trent’anni, e si pensa ancora alla produttività. Ma tutto questo rientra nel sistema. I fiumi, l’aria vengono inquinati con gesti delittuosi continuati: ma che importa? E’ la produzione (e il profitto) che importa.
Mancano, purtroppo, voci così. E non solo nella, si fa per dire, chiesa.
Buon sabato
(grazie terez, grazie paolab).
Piccolo aggiornamento.
E’ stata una gran bella presentazione.
Ottanta persone, una trentina di libri venduti. Luisito che ha detto cose forti (spiegando la frase “se fossi papa brucerei il vaticano”), incantando tutti.
Magari ne scriverò (sono sempre in difficoltà quando debbo scrivere di Luisito; è forse l’unica persone di cui preferisco parlare).
(Sono riuscito a recuperare la quarta di copertina di Come un atomo sulla bilancia. Grazie a Mozzi, comunque, che ha tentato di rintracciarmi, ho visto su i box, quando avevo il cellulare staccato).
Poi.
Su Carmilla Daniela Bandini ha recensito Chiedi alle nuvole chi sono di Giorgio Bona, Besa editrice.
E ancora.
Il mio racconto, Se l’anima si sporca, pubblicato sulla rivista No tag è ospitato nel (bel) blog di Habanera.
Prima o poi dovrò decidermi a leggerne qualcosa.
Vorrà dire che chiedo scusa e a Bona e a Bassini e a Flalia e quanti altri la cui sensibilità io possa aver urtato con la mia irruenza. Nel mio blog c’è persino l’angolo di Patty ( sta per pattumiera), dove getto simbolicamente quel che non mi piace di ciò che leggo. M’aspetto tuttavia che lo facciano anche altri nei miei confronti, perchè é quel che regolarmente la vita riserva: l’enfasi della dissonanza, che non è una questione né di merito, né di valore. Di simpatia, di empatia. Forse. Fa parte del mio bagaglio di scetticismo, ma chiedo scusa se può sembrar cinismo, specie in un post che rievoca Bianchi, che tutto è tranne cinico e/o scettico, ma credente. Fondante l’ottimismo cristiano per eccellenza: la coltivazione perenne della speranza.
Non voglio sottrarla a nessuno. La coltivo persino io, che è tutto dire.
E’ merito e valore, in tal caso. Grazie, Don Bianchi.
Ancora scusa e baci.
questo è per te Ilaria. Una bozza che divenetrà un articolo.
«Dove c’è un potere di qualsiasi tipo, politico, economico c’è un elemento demoniaco, perché il potere cerca di dominare l’uomo. La chiesa dovrebbe rinunciare a ricchezze e a potere per tornare alla gratuità del Vangelo… se io fossi papa brucerei il Vaticano, per far rifulgere la parola di Cristo».
Trino, sabato 31 maggio, oratorio salesiano. Sto ascoltando le parole di don Luisito Bianchi, seduto al mio fianco. La sua voce è flebile, ma forte allo stesso tempo. Ho accettato di presentarlo: è un punto di riferimento (per me), è, a mio avviso, il più grande scrittore vivente. E’ di più e ora, cosa non facile, cercherò di spiegare questo «di più». Guardo la gente che lo sta ascoltando. Il silenzio è assoluto. Qualcuno ha le lacrime agli occhi. C’è un motivo. Le parole di don Luisito sono testimonianza. Lui non predica la gratuità, lui la vive.
Luisito, 81 anni, abita tra Vescovado, provincia di Cremona, dove vive («Dignitosamente», precisa) con 600 euro al mese, e l’abbazia di Viboldone, Milano, dove dice messa. Non ha mai voluto l’assegno del sostentamento del clero, insomma, non ha voluto lo stipendio da prete, né elemosine «perché Cristo era un umile falegname», dice. I 600 euro di pensione li ha grazie ai contributi versati lavorando come operaio alla Montecatini, poi in un distributore di benzina, un ospedale. Lavorava e diceva messa, Luisito e di notte scriveva. Alle presentazioni dei suoi libri, solitamente, non ci sono sacerdoti. Perché dice cose scomode. Ma nessuno può dirgli nulla: e la sua vita, tra richiami della curia e isolamento, facile facile non deve essere stata (ma nessuno – mai – ha sentito un lamento di Luisito). Però quest’uomo piccolo, dallo sguardo buono, ingobbito da un forte dolore alla schiena, ha una voce fortissima. Non c’è domenica che qualcuno non vada a trovarla a Viboldone. Non c’è posto in cui sia andato che non abbia lasciato traccia. Come in fabbrica, ad Alessandria, dove lavorò per tre anni. Gli operai che conobbe allora lo frequentano ancora oggi, 38 anni dopo. «Ci hai fatto pensare, ora è un casino» gli disse un suo collega di reparto alla Montecatini.
Luisito, infatti, fa pensare: a una chiesa «che non è credibile» e al messaggio di Gesù Cristo, per i deboli e i sofferenti. E’ il prete, Luisito, del Vangelo dimenticato.
E’ utopico?, si è chiesto Luisito. Forse: di sicuro è giusto.
Sta di fatto che scrivere in un commento (buttata lì e senza alcuna contestualizzazione o argomentazione letteraria) quella frase sull’insignificanza di una persona (non era/non sembrava riferita alla di lui scrittura) disturba (almeno a me, ben prima che il diretto interessato replicasse).
Venendo al post, pensa, Remo, che di Luisito Bianchi ho sempre e solo letto e avuto notizie qui da te… lo trovo incredibile, considerando che figure come la sua mi affascinano molto e considerando che cerco di essere informata e mi reputo pure vicina a quell’ambiente… be’, a questo punto intendo cominciare a leggere quel che ha scritto, per colmare la lacuna! Grazie a te! Ciao :-)
Potrebbe essere letterario “mandè a ranè i babi”, perché no? Sanguigno. La scrittura è tuttavia un pianeta fertile e vario. Ogni albero fa la sua ombra. Non era una diputa. Era un aggirarsi tra i ricordi, ma quel che guasta il gioco è, di alcuni autori, l’essere terribilmente autoreferenziali e temere un ridicolo immaginario. Passiamo oltre. Su questo concordo. La scrittura stringe. Tempi e frasi e ognuno dentro il suo cerchio d’esperienza. Mai mettersi in posa con l’alloro in capo.
Lo fa anche l’arrosto, o in bel tocc ad stifà.
Siamo guitti della parola, null’altro.
assolutamente Remo, come vedi non mancano voci ma erano voci
giorgio
Un saluto ^^ grazie per la visita e il commento
ma no, caro Giorgio.
Flavia la conosco perché è un’attenta lettricee alcune sue recensioni mi sono parse quanto mai profonde (e, mi pare, d’averglielo scritto, pubblicamente, nel blo).
e tu per me sei un bravo scrittore, oltreché una buona e mite persona.
mi piace ricordare cosa avvenne nel mio vecchio blog.
proposi dei brani tratti da libri di scrittori, alcuni notissimi, altri me.
http://www.remobassini.it/archivio/?p=1079
non voglio assolutamente approfittare del blog di Remo per dispute di cui non ricordo nulla. Questo è il blog di uno scrittore e is parla di scrittura. Se si approfitta dell’ospitalità di Remo è solo per la sua squisita gentilezza e della sua disponibilità, forse doti che a me appartengono meno, perchè al suo posto avrei mandate a “ranare dei babi sia te che me.
giorgio
Sono una casuale conoscenza che risale ad una trentina di anni fa, Giorgio. Incrociata in ambiente letterario o pseudotale. ERavamo pischelli in guerra con l’universo mondo. Sarà che allora non s’è creata corrispondenza di pensiero e d’umore. Non è un giudizio sulla persona di per sé, che fisicamente non ricordo e non mi permetterei mai, tanto più che tant’acqua è passata sotto i ponti ( non soltanto sul Bormida)e le persone mutano. Sul modo di comunicare, che includeva la scrittura. D’altra parte chi scrive e chi comunica è passibile di giudizio e pregiudizio. Non faccio testo, però, tieni conto di questo: la poesia solitamente non mi piace. Preferisco la rabbia popolare di certa prosa. Quel che ho detto di te avrei potuto dire della maggioranza dei poeti, che trovo esseri lunari e lunatici. Tolto qualcuno. Erba, forse. Sanguineti, che trovo tuttavia patetico quando ulula d’amore.
Per riparare al torto non posso che dire che Bona è molto stimato, in quanto intellettuale vero, preparato e capace,da sempre, perché lo merita. La sua poesia però mi scivola addosso, perché io ho bisogno di storie che s’incidano nella pelle. Ho gusti ruspanti e , forse, più feroci.
O forse basta mettersi ad un tavolino e parlare del nostro vissuto ed allora potrei avere la chiave per leggere quel che scrive con l’occhio della conoscenza pregressa e tattile, dei fatti e della storia personale. Allora si passa dal significato al significante, come dicevano Brizzi e Villa, nostri conoscenti d’allora, di cui ho perso qualsiasi traccia.
Consolati,Giorgio, se ti trovai esangue e insignificante è perché la cosa fu più o meno reciproca. Pensa a me come a una cretina qualsiasi.
domani vado dal mio greco. ce l’hai fatta a convincermi.
ciao
Caro Remo,
mi riferisco a a quanto dice Flavia (che io non conosco) sulla mia persona, definendomi esangue e insignificante.
Tu sai che seguo il tuo blog e i miei interventi (pochi) sono sempre stati per esprimere giudizi sui libri e sulle letture che più ci contaminano. Cerco sempre di evitare giudizi su persone, anche se questi fanno parte della natura intrinseca del genere umano.
Flavia, se ha letto qualcosa di mio, può sparare a zero sulla mia scrittura e su quello che scrivo, per i giudizi sulla persona si identichi meglio e spieghi il motivo.
Con tutto ciò devo dire che quello che ha scritto su Spinetta è vero. Conosco anche Lino Balza, un amico con il quale abbiamo avuto un percorso politico insieme.
Tornando a cose che più ci riguardano, Remo, devo dirti che il libro di Bianchi l’ho avuto tra le mani qualche giorno fa in libreria, poi mi sono orientato su Francesco Abate (Getsemani). Bellissimo. In ogni caso mi hai convinto. Questa settimana acquisterò il libro di Luisito Bianchi
Spinetta Marengo è uno dei buchi del c*** del mondo. Anni fa l’assessore all’ambiente di Alessandria diceva: una nuvola in fuga da Montedison e la città è costretta ad evacuare. A Spinetta nevica fuori stagione qualcosa d’indefinibile e indecifrabile. A Spinetta il cromo ha inquinato le falde. A Spinetta sorge un inquietante mostro con hotel, centro benessere, nove sale cinematografiche, piscina con onda surf su una zona industriale dismessa. Di Spinetta parla, sempre a proposito, un certo Lino Balza. Incorreggibile, piantagrane, a volte sinceramente insoportabile, ma quel dice è veritiero. Contattalo. A Spinetta arrivavano ogni giorno centinaia di operai in autobus per la Montedison , per Michelin, lo zuccherificio. Ai giovani negligenti nello studio si prospettava d’andar in fabbrica a Spinetta, landa triste in cui l’unica attrattiva è un vecchio platano e quel che resta di una battaglia vinta da Napoleone per una botta di…fortuna. Ora, sempre lì, il lavoro s’appalta. Resta un triste posto, dove c’è questo paradiso virtuale che sorge nella merda. Fattelo dire, da Bianchi e non solo.
Giorgio Bona lo conobbi anni fa e lo trovai esangue e insignificante.
Sai Ginni, Luisito è uno di quegli uomini che mette in crisi e che – almeno un po’ – ti cambia.
ho detto ieri che il punto di partenza di don Lusito è il Vangelo.
ma possiamo, il Vangelo, chiamarlo coscienza (ché Luisito non bada a queste sottigliezze).
e che conoscere Luisito significa imparare a vivere ponendosi un quesito: cos’è giusto?
Ma è un quesito che va verso due direzioni: il mondo esterno e noi.
Ciao Ginni
Ieri, nel tardo pomeriggio, ho comprato il libro di don Luisito in una libreria cattolica della mia città. Il libraio mi ha detto che lo hanno ospitato una ventina di giorni fa e che l’incontro è stato particolarmente emozionante.
Pareva proprio sincero: parlava di don Luisito con trasporto. C’è ancora chi si interroga.
Però vedi caro Solimano.
Pochi, troppo pochi conoscono Luisito Bianchi.
Si verifica sempre un mistero (o quasi sempre) alle presentazioni dei suoi libri: che alcuni religiosi, dopo aver assicurato la loro presenza, non si fanno vedere.
Il cristiano vero – come è, dal mio punto di vista, don Luisito – si riconosce nel Vangelo e non nel Vaticano, così come un vero comunista, o socialista vecchio stampo, si riconosce nel Manifesto del partito comunista di Marx e di Engels, libro che non prevedeva certo le aberrazioni dell’Unione sovietica (dal momento che non prevedeva nemmano la possibilità del socialismo “vero” in un solo paese) o nel socialimso utupico di Owen (che cercò di concretarlo).
Se il Manifesto e il Vangelo sono solo utopia almeno diciamolo; smettiamo di proclamarci credenti in questo o quello.
I veri seguaci di un’Idea solitamente fanno una brutta fine. Va bene. Ma consentimi di dire che, punto primo, non ci fosse stato un don Milani forse la scuola sarebbe ancora più classista di quello che è adesso (se mia figlia può studiare medicina è perché io oggi faccio il giornalista, facessi il metalmeccanico come una vita fa, non credo potrebbe) e, punto secondo, e qui parlo per me, queste persone ci aiutano: a vivere meglio, indignandoci. Dalla parte di chi è povero, dalla parte di chi soffre.
Può sembrarti un pistolotto (spero non da prete), questo.
Ma io cerco, nei limiti del possibile di farlo: la porta del mio uficio è aperta soprattutto a chi non ha voce. E i lettori del mio giornale lo sanno. Diranno di me anche peste e corna, forse. Ma non diranno che io dirigo un giornale per pochi eletti. E l’aver conosciuto don Luisito, per me, è stato fondametale.
(Anche il direttore che c’era prima di me, e che era politicamente di destra, aveva dato questa impostazione che io, credo e spero, di aver valorizzato, ampliandola).
Ci vuol coraggio a essere come don Luisito. Cristo è morto sulla croce senza bisogno dello stipendio del Vaticano, ha detto. Ha non solo detto: perché Luisito quello stipendio non l’ha mai voluto.
Ha fatto il prete in assoluta gratuità, vive con una piccola pensione, grazie ai contributi versati lavorando in fabbrica, in un distributore, in un ospedale.
Certo Solimano, certi discorsi sono utopici, l’ha detto anche Luisito, ieri.
Ma sta di fatto che questa chiesa, con il Vangelo in una mano e la ricchezza nell’altra, non è credibile.
E questo è un fatto: che la gente questo lo sa.
E la gente è sempre più preoccupata per l’aria che respiriamo e l’acqua che viviamo.
Dietro il profitto c’è sempre l’interesse di pochi.
Prendersela con la produzione e con il profitto è talmente facile che è sospetto: dà una scusa buona ai non facitori, anche in rete.
E comunque occorrerebbe prendersela con la non produzione e con la perdita, parole che non hanno in sé nessuna possibile valenza positiva, a differenza delle altre due.
D’altra parte, i tempi sono questi: tutti sanno di Don Milani, nessuno o quasi conosce Primo Mazzolari, Carlo Carretto, Zeno Saltini, grandi facitori.
Come lettura, Bernanos è trascurato e dei film di Bresson molti ignorano persino i titoli.
Nessun problema, ottimi motivi per darsi da fare, muovendosi con risolutezza curiosa verso l’area del non conosciuto e non verso l’area dell’utopico, comodissimo perché non verificabile, essendo inesistente.
grazie Remo e saludos
Solimano
è come se fossi lì con te. sai quanto mi sarebbe piaciuto? Elisabetta