Non ho mai difeso a spada tratta il mio mestiere e la mia categoria. Penso infatti che il giornalismo abbia pecche, problemi oggettivi – il potere ama solo che gli fa da cassa di risonanza -, dilemmi da risolvere e sui cui discutere: si deve far leggere ciò che vuol leggere la gente o si deve promuovere informazione?
Ma sul giornalismo ci son troppi luoghi comuni, anche.
C’è un sito che vi consiglio, e che ho sempre consigliato ai giornalisti.
Il barbiere della sera.
Ve lo consiglio: perché è tutto fuorché un sito che difende la casta. Del resto la casta dei giornalisti c’è, certo. Ma riguarda pochi.
Aveva chiuso, ha riaperto.
Con una novità. Basta con gli articoli di anonimi.
Anche qui, vecchio problema che riguarda tutta la rete.
E’ vero, ditero ai nick a volte c’è vigliaccheria. Facile urlare se si è protetti dall’anonimato. Sembra, a volte, girando per la rete, di sentire quei piccoli cani che abbaiano, aggressivi, perché protetti da una cancellata.
Ma ho conosciuto persone che usano il nick a ragione veduta. Per cui, su anonimi sì e anonimi no, si continuerà sempre a dire.
Fiumi di parole, insomma.
(E qui, tanto per restare in tema di fiumi, c’è stata la piena, ieri. Speriamo smetta di piovere, almeno).
Per quanto riguarda il mio mestiere, il mio essere giornalista: lo sono da vent’anni. Troppi. Da tre e un mese, poi, vive l’esperienza della direzione di un giornale, piccolo, di grandi tradizioni, che fa di tutto per essere libero. Anche qui: si fa presto a dire liberi. Per esserlo il più possibile io ho fatto una promessa, tanto ai miei giornalisti quanto ai lettori. Il giorno che dovessi ricevere pressioni lascerei.
Chi mi conosce sa che ragiono così. Poi: sull’essere dei buoni giornalisti occorre interrogarsi sempre. Quando uno dice son bravo, è finito.
Qusto è un mstiere in cui si sbaglia: quando si lavora di corsa, gomito a gomito con la fretta, si sbaglia.
Ed è anche, questo, un mestiere di merda, a volte. Quando raccontiamo di tragedie, morti, sevizie sappiamo – e certo che si sa – che il giornale andrà a ruba.
(Provate a mettere in prima pagina più di una notizia culturale e poi vedrete che accade: che la gente compria i vostri giornali concorrenti),
Comunque.
Mi piace anche scommettere. Così sul mio giornale ho scritto che anche in caso di flessioni di vendite io sarei pronto ad alzare i tacchi. Da tre anni, però, tanto l’autonomia della redazione quanto il riconoscimento dei lettori ci sono. Certo, il prezzo da pagare è abbastanza alto. Mal di pancia a go go. E altro.
Ma anche soddisfazioni. Come la mail del giovane collaboratore che mi scrive Sono orgoglioso di lavorare con te (mi danno tutti del tu, qui. Quando divenni direttore incontrai la donna dele pulizie, una ragazza albanese, che in Albania faceva la maestra. Mi disse ciao Remo, complimenti, Le dissi: Ciao Aneta).
Sulla mia passione per le scommesse magari ne dirò, chissà.
Non sono un giornalista, premessa, ma mi sono fatto le mie idee leggendo e attraverso amici che lo fanno di mestiere.
La diatriba fra utile per i lettori e necessità economiche è una storia vecchia quanto la nascita della stampa.
Mi piacciono le scelte equilibrate su questo ambito. Credo che un ottimo giornale possa trovare un buon compromesso fra libertà espressiva e le casse economiche. Questione di scelte e di intelligenza dialettica fra le persone, forse.
Ora ci si è messo anche internet e quindi credo il cartaceo debba affrontare un nuovo problema di diffusione.
Però lasciatemi dire una cosa, fuori dai denti.
I contributi statali alla stampa mi fanno innervosire, non li comprendo e non li condivido.
Perché finanziare la stampa e non altre categorie altrettanto importanti?
Qualcuno del mestiere può parlare con serietà e profondità di questo argomento?
Remo, perché non proponi questa tematica sul tuo blog un giorno? Sarebbe interessante per tutti noi capire che cosa voi giornalisti pensate.
le commesse ringraziano…
sempre interessanti le tue segnalazioni,grazie!
conosco il sito, e mi diverte frequentarlo. Ti mando un saluto dalla montagna, da dove tu sai! (freddissimo ma giova al cervello ;o)
E.
Chi lavora con passione ed esperienza non teme nulla, giacché offre tutto il suo modo di essere. La spontaneità e la sicurezza sono sempre elementi che gli altri invidiano. Complimenti.
Rino.
se ti riferivi ad anna antichi, mario, il discorso è più complesso.
mi hanno scritto due commesse (una aspirante scrittrice). hanno avuto percezioni diverse. una si è sentita maltrattata, perché anna si sente “una stupida commessa di libreria”.
l’altra – quella che scrive – invece no.
Ci sto addirittura scrivendo un libro, Mario, ma sono indeciso sul titolo.
Io vorrei “E le commesse stanno a guardare” ma l’editore mi consiglia “Commessa selvaggia”.
ciao nè
Bravo Remo, ottimo!
Dunque tu hai scritto:
“Sulla mia passione per le scommesse magari ne dirò, chissà…”
e sulla tua passione per le commesse, ci dirai, anche :-))?
davvero interessante
grazie rino