11. Haynt
Oggi funziona a scatti. Perché il tempo non è un continuum come sembra, magra illusione dei sensi. Lei opera al presente, accumula eventi, simula il contemporaneo. Forma cubica, materiali diversi, caratteristica: l’adesso.
Nessuno la può utilizzare, lei scorre, salta. Oggi registra ed espelle, dura solo un giorno, per l’eternità.
Te la spedisco in un pacchetto con spago sicuro. Fanne buon uso.
Oggi. Me ne avevi parlato come di un gioco, un sogno o una cosa da scrivere, insieme. Non gioco ma necessità. Sogno? niente di più reale. E non saprei cosa scrivere, se non quel codice di punti e geometrie.
Rido, perché mi scrivevi di farne buon uso. Oggi non si lascia usare, mi pretende e mi domina. Anche oggi, di Shabbath, vuole che produca due volte tre, e poi sei, e lascia che-un-mio-pensiero-cattivo-sorga per censurarlo con la luce del suo unico occhio nero sul bianco. Uno.
Vedi? Ti scrivo con una mano, e già nell’altra si muove e rotola. Non riesco a riporla, Oggi. Rotola fra le dita e vuole fare numeri. E succedono cose. Oggi le fa succedere. Pensavo di ricevere da te un cubicolo cabalistico, un interprete fasullo come tutti gli altri che ci appassionano.
Oggi, mentre si muove e forma i numeri e si placa sul panno, non legge il presente. Lo determina. E quell’occhio, cerchio di luce nera, mi chiede un tributo. Posso ancora scrivere, posso ancora resistere. E so che l’unico modo per sconfigger
(qui si interrompe la lettera che Izak Moorberg, Rabbino in Halle, stava evidentemente scrivendo al momento della sua morte: orribile, questa, cruenta e priva di cause visibili. Di fronte a lui la lettera di Moshe Azim, direttore dello Judaisches Zentrum di Lubecca. Nella mano chiusa a pugno, indenne dal carnevale di sangue intorno al corpo e sullo scrittoio, un dado).
Sofocle, Edipo re, v. 437
This day will reveal your birth and bring your ruin.
hêd’ hêmera phusei se kai diaphtherei
Oggi ti genererà e ti darà la morte.
