Mi domanda: Caffè Remo?
Che io risponda o meno, lui sa: caffè ristretto amaro.
(A volte – variante – la domanda è: Vuoi un caffè Remo?).
Se c’è gente “giochiamo”.
Scorsa settimana, prendo il caffè e, accanto a me, c’è una ragazza mai vista.
Pure lei caffè.
Lui: Caffè Remo?
Io: Caffè.
Lui: Zero e novanta, ti sembra caro Remo?
Io: Sì.
Lui: Cazzo me futte ammia?
Io: Hai detto cazzo
Lui: Chi, io?
Io: Sì, tu tu, ti ho sentito.
Lui: (…).
Io: Ma tua mamma, ti ha fatto studiare e tu…
Lui: La mamma non si tocca… sciacquati la bocca, capito?
(La ragazza ride).
Io: Hai detto cazzo, sciacquatela tu la bocca.
Lui: Remo, ti sembro un terrone io?
Io: Hai detto cazzo, ma non ti vergogni?
Ieri di gente non ce n’era.
Caffè Remo?
Certe mattine – giuro – avrei voglia di dirgli, No pastasciutta.
Poi, lui: Remo, ma tu ne conosci di barboni?
Ne ho conosciuto uno, anni fa.
Ma era un barbone?
No, era stato un barbone.
Lui, serio serio: Ma lo hai conosciuto bene bene?, ti ha spiegato perché…
Io: Sì (e gli racconto. Un ragazzo che conobbi quando facevo il portiere di notte. Mi raggiungeva, parlavamo fino all’alba. Non aveva sonno, di notte, quel ragazzo)
Lui, l’uomo del mio secondo caffè, tutte le mattine: E secondo te perché uno a un certo punto della sua vita lascia tutto e si mette a fare il barbone?
Io cerco di ricordare cosa mi raccontò un ragazzo (ero ragazzo anche io) che si ritrovò sotto la griglia delle metropolitana di New York una ventina d’anni fa.
Sai – dico – non mi spiegava, mi raccontava.
E cosa ti raccontava, Remo?
Che al mattino, intirizziti dal freddo e coperti da stracci, lui e Jacob…
E chi era Jacob?
Fammi un altro caffè che te lo dico, era un avvocato…
E faceva il barbone? E perché lo faceva?
Non so perché quel ragazzo e quel suo amico facevano i barboni, so cosa mi raccontava…
E cosa ti raccontava questo tua amico?
Che guardavano la gente correre verso la metropolitana e mentre li vedevano correre loro, piano piano, lui e Jacob si addormentavano.
E poi?
Avrebbero aspettato la notte…
Per cercare tra l’immondizia o chiedere l’elemosina?
Sì, dico io.
Che vita, eh?, aggiungo.
Una vita di merda, dice lui.
Sì, dico io, e aggiungo: E secondo te, quelli che corrono tutte le mattine a prendere la metropolitana?
Vita di merda pure loro.
Buona giornata, ciao.
Buona giornata, Remo
(ho citato spesso il mio nome perché lo ri-sento: un siciliano ha un modo tutto particolare di pronunciare il mio nome. Dice Re, con la “e” che è larghissima, e dopo quel Re, il “mo” si perde, sfuma, in “mmo”, come un di più).