radici

Ha la faccia da bambino, per forza, ha vent’anni.
Ma quando mi parla, parliamo da adulto ad adulto.
Ha vent’anni, devo sforzarmi a pensarlo, a tenerlo presente mentre mi racconta.
Ché non hanno vent’anni né la sua voce, strana, né i suoi occhi, da cane disperato, né la sua storia, né il suo presente.
E’ già sposato.
Ed è spaesato: questa città non è la sua città, che poi, lui non ha città, mai avuta.
E sta per diventare padre, che sua moglie, mi dice, è incinta.
E sulla pelle ha i segni di bruciature di sigarette.

Mia madre era… lavorava in un night. Mia madre viveva qui. Poi è morta, un brutto incidente stradale, io avevo cinque anni.
Ma non è morta subito, sai? Nell’ambulanza diceva, E adesso che penserà a  mio figlio?

E’ una bugia.
Mi dice anche bugie, parlando.
Ha bisogno di dirne, di sentirsi qualcuno.
E’ qui, ora, davanti a me perché sta cercando le sue radici.
Pensa che un giornalista sia una sorta di stregone.
Mi aiuti vero a capire come è morta mia madre?
Poi si è visto con un uomo.
Gli ha detto, Penso di essere tuo figlio.
E l’uomo gli ha detto, Fai la prova del Dna.
Mi dice, Vorrei, ma costa, devo pensare a mio figlio, io ci tengo ad avere una famiglia.
Mi dice anche, Mio padre si è risposato, sua moglie ha qualche anno più di me, credo sia russa, o forse rumena,
E tuo padre quanti hanni ha?, domando
Più di sessanta, dice, ma ha la testa su altro
Però mia madre era più bella, guarda.
Si sfila la catenina, forse ha uno di quei ritratti che si usava tenere una volta, ipotizzo, su una medaglia.
Si blocca, però, mi dice, Ma tu mi aiuti vero?
La medaglia la vedo da lontano, ma sono troppo lontano per vedere.
Penso, Magari non è il ritratto di sua madre.
E invece capisco che si sta vergognando.
Mi dice: Magari la conoscevi, ne ha combinato tante mia madre in vita sua.
E me lo dice sorridendo, per la prima volta. Orgoglioso.