Inverno. E preghiera in gennaio

ci sono la vita e la speranza

rifioriranno le gioie passate
col vento caldo di un’altra estate

c’è l’angoscia di morte

dove anche l’alba diventa sera
e i volti sembrano teschi di cera.

E’, tra le canzoni di De Andrè, quella che reggo meno. Mi ricorda lunghi pomeriggi di neve o nebbia, con mia madre. Lei che stira, o fa la maglia, e intanto mi dice che devo studiare e che non posso uscire perché prendo sempre note o brutti voti (andavo benissimo solo di storia, infatti). Era una madre sentinella, la mia cara mamma. Però mi concedeva un’ora di pausa (poi avrei continuato a fingere di studiare fino all’ora di cena): o la tv dei ragazzi, oppure un disco, mangiando magari pane e olio, o la Nutella, due tre volte l’anno. Spesso, ascoltavo De Andrè; mia madre preferiva Orietta Berti, ma non le spiaceva ascoltarlo.

Inverno e poi gennaio.
Ecco, questa invece, nella mia personale hit parade, la metto, di sicuro tra le prime dieci di De Andrè. Certo, tristissima anche questa, ma era anche un doveroso omaggio a Tenco.