E’ notte, non ancora fonda.
Invece di scrivere vi propongo il frammento – ma in realtà è l’essenza – di un post.
Leggete un po’, parla di scrittura, questo frammento-essenza di Deborah Gambetta.
Scrivere è fatica. Scrivere non significa accostare parole e raccontare una storia. Scrivere significa montare e smontare quello che si è scritto, avere il coraggio di tagliare l’inutile, significa anche impiegare interi pomeriggi su una frase, significa perdere il sonno perchè quella cosa non torna e se non torna i casi sono due: o non serve o non è stata sviluppata. Scrivere significa andare il più a fondo possibile, non solo dentro il nocciolo della storia ma anche dentro ogni singola scena che si racconta. Scrivere significa leggere e rileggere quello che si è scritto, tornarci su di continuo, aggiustare e poi vedere come questa cosa su cui ci perdiamo sonno si combina col resto. Se quello che stiamo scrivendo non produce sofferenza, se quello che stiamo scrivendo non ci occupa la mente giorno e notte, se quello che stiamo scrivendo non ci obbliga a lavorare sul testo, sulle parole, sulle frasi, sulla struttura, su ogni singolo personaggio, se non ci fa incazzare o gioire quando tutti i fili che sembravano slegati finalmente si riannodano, se non succede tutto questo, quello che stiamo scrivendo, allora, sappiatelo, è una merda.
Il resto del post (che sottoscrivo, e che mi ricorda quanto andava dicendo Fenoglio slla sua scrittura) lo trovate qua.
Oggi sono a Bologna, liberia Zammù, ore 19,30; Francesca Bonafini mi farà un po’ di domande su La donna che parlava con i morti e su altro.
Buone cose