Odio l’estate
Sono estremamente sorpresa. Davvero. Cinque minuti. Sono bastati cinque minuti.
Hai presente quei giochi a quiz, dove devi compiere in poco tempo tutta una serie di cose strambe… una manciata di minuti sembra così breve per fare tutto quello che ti dicono di fare…
Invece, sono stati i cinque minuti più lunghi della mia vita. Davvero, credimi.
Ma tu cosa farai, ora?
Le piante moriranno con questo vento così secco. Il glicantus, poi… E dire che ci tenevi tanto. Almeno a parole. Perché mai che ti sia preoccupato di versargli una goccia d’acqua o fargli sentire una frase gentile. Sapevi solo prendermi in giro ogni volta che uscivo sul balcone a parlare con loro.
Ieri, c’era una fila di formiche che sbucavano fuori dalla mattonella rotta. Mi è dispiaciuto spruzzargli sopra tutto quell’insetticida che, oltretutto, hai ragione, ha un odore schifoso. Ma se avessi aspettato te… quello che non è nemmeno capace di uccidere una mosca… Oddio, se ci penso, mi viene quasi da ridere.
Lo senti? Lo senti anche tu questo vento?
Mi sembra di essere ancora sulle rive dell’Egeo. Ti ricordi quando soffiava il meltemi?
Era così bella la Grecia e quella casa sul mare che prendemmo in affitto. A te, ti incantavano anche tutti quegli incendi visti da lontano, ricordi? Io ero spaventata da quell’orizzonte di fuoco e mi faceva impazzire la puzza di fumo che arrivava fino a noi. Ma tu sostenevi che era tutto sotto controllo, che non c’era d’avere paura. Dicevi anche che da bambino ti avvicinavi sempre ai falò giocando con le braci. Non avevi nessuna voglia di andartene da quel villaggio, tu. E io a chiedermi cosa ti trattenesse su quelle spiagge.
C’è stato un attimo, un solo attimo quando, a casa, ho disfatto le valige e mi siete venuti in mente al momento dei saluti. Sai quella sensazione di vedere qualcosa ma di non saperne cogliere il significato. Vedevo tutto quell’azzurro fra l’acqua e il cielo, il bianco della strada sterrata, la nostra macchina con le portiere aperte, il sole alle spalle e voi. Era una bella immagine, ma non era quello ciò che stavo vedendo. Poi è stato tutto nitido e chiaro. Come quel cielo, come quel sole.
Ho pensato fosse ingiusto. Profondamente ingiusto. Noi eravamo fatti l’uno per l’altra. Ho pensato ad un capriccio. Ma poi ho capito che il tuo era un punto di non ritorno. Sono precipitata. E tu non c’eri più a sostenermi con le tue braccia. A dirmi di non aver paura. Io ne avevo. Troppa. Allora mi è venuta un’idea. Non so quanto meravigliosa, ma comunque un’idea. L’unica possibile. La stessa che hai avuto tu.
Quando ho sentito che stavi salendo le scale ed eri sul punto di aprire la porta, mi sono precipitata di corsa nel salone e ho aperto il primo cassetto dello scrittoio. La pistola non era più lì. Ero una furia, ma tu non te ne sei nemmeno accorto. Mi sei apparso davanti con uno sguardo deciso e duro che non ti avevo visto mai. Ho abbassato gli occhi e mi sono resa conto che ce l’avevi in mano tu la nostra pistola. Mentre scaricavi uno due tre colpi, col silenziatore, e guardavo quella macchia rossa allargarsi sulla maglietta bianca, ho pensato che eravamo fatti davvero l’una per l’altro.
Se solo non si fosse intromesso lui, Paolo. Maledetto!
Ed io tra di voi, capisco che ormai
la fine di tutto è qui.