Bevono pastis, o vino bianco. Sono in piedi, e fumano, le spalle rivolte al bancone, i piedi al confine tra ingresso e strada, né dentro né fuori insomma.
Uno è piccolo, capelli ricci e raccolti a coda di cavallo, ha un piccolo cane.
L’altro, occhi verdi e sguardo triste, sembra Yves Montand.
Il terzo ha un orecchino e pancia. Non parlano, ma quando si salutano si salutano con un bacio affettuoso, che sa di vero.
Sono in un bar del porto della Marsigla di Izzo.
Un vecchio bar, pavimento in legno, fotografie appese al muro.
Osservo questi cinquanta sessantenni con tatuaggi, sguardi da duri, o da belli e perdenti, chissà.
Vedono ma hanno uno sguardo assente.
Forse, ma non ne son certo, ora capisco qualcosa in più dei libri di Izzo.
La ragazza che serve pastis e vino bianco ha grandi tette, fuoriescono dal reggiseno, e un berretto militare. Ogni tanto, quello che sembra Yves Montand, le dice qualcosa, lei gli sorride, ma non si guardano.
Fuori, intanto, si è seduta una signora di mezzà età, bionda, vestita di nero, bella.
Né elegante né trasandata. Fuma due sigarette, una dietro l’altra, bevendo un caffè.
Guarda il vuoto.
Sembra un film, francese naturalmente.
Manca Lino Ventura.
Mi alzo. Saluto.
Cammino.
Una signora, anziana ed elegante, inveisce contro di me.
Avrà ottant’anni, ha un bastone in una mano, una sporta per la spesa sull’altra.
La guardo e le dico, Tanto non ti capisco, parlo mica il francese, io.
Smettila, mi urla.
Minchia, penso.
Marsiglia, insomma. Con occhi di chi non sa.
E buona giornata.