Il sonno della ragione
“Adesso ti metto a dormire, Sara, ma considerato il fatto che il lettino della Barbie è troppo piccolo per te ed è anche un po’ rotto, ti metto in una scatola da scarpe.”
Martina aprì l’armadietto e ne tolse una scatola grigio/argento con scritte impresse in rosso. Era vuota.
Sara però non ci stava, era troppo lunga. Martina optò per una scatola più grande e nel prenderla fece cadere l’intera pila di scatole di cartone e scarpe di varia foggia e colore caddero a terra mescolandosi. Per terra si sedette anche Martina, piagnucolando un po’. Quanto disordine! La frana di cartone l’aveva inoltre spaventata e non poco, ma tutto era accaduto e terminato nel volgere d’un attimo. Poco male.
“Non spaventarti, Sara e non piangere, sei una bambina forte e coraggiosa”.
Martina rimise a posto alla rinfusa tirando su con il naso. In fondo la scatola prescelta meritava quel caos, era capiente e dentro aveva tanta soffice carta velina bianca, era adatta alla sua bambola Sara, che la fissava con lo sguardo azzurro di sempre e le labbra imbronciate e appena dischiuse.
“Ecco, la mamma ora ti cerca una copertina”.
La scelta fu facile, Martina andò in cucina e prese un tovagliolo. La dimensione era giusta ed anche il colore, pensò, le margherite bianche stavano molto bene su una coperta per bambole grandi. Erano infatti margherite grandi. In cucina c’era ancora la mamma distesa per terra, stava dormendo, Martina aveva provato a strillare forte per svegliarla, ma non era successo niente, la mamma continuava a dormire sul pavimento. Era tanto stanca, aveva litigato per due giorni interi con il papà, prima che lui prendesse delle cose a casaccio per riempirne una borsa da viaggio. Quella grossa, nera, che usavano per andare al mare d’estate ed anche in Toscana dalla nonna.
“Sì, sarà andato al mare, il papà, oppure dalla nonna in campagna”.
In TV Martina aveva visto svegliare chi dormiva profondamente con una secchiata d’acqua, ma lei non l’avrebbe fatto mai, perché la mamma si sarebbe arrabbiata moltissimo. La mamma così arrabbiata non le piaceva, si mordeva il labbro inferiore e restava col muso per ore, poi però faceva una torta e le passava. Martina non aveva voglia di mangiare la torta facendo dapprima arrabbiare la mamma. Si sarebbe svegliata al ritorno del papà per portarle al mare. O dalla nonna.
Non restava che aspettare e, visto che la mamma dormiva, andare a prendere in salotto una caramella al liquore, che veniva offerta agli ospiti adulti e mai ai bambini, perché intanto a loro non piacciono.
A Martina invece piaceva, ma dopo che il liquore aveva pizzicato il naso ed era sceso giù in gola e restava soltanto il sapore dolce dello zucchero.
Era il silenzio la cosa che la disorientava di più.
Quando la mamma e il papà erano insieme c’erano sempre tante parole, spesso urlate, spesso erano quelle parole che la mamma le vietava di pronunciare. Adesso Martina guardava Sara e invidiava la sua beffarda indifferenza. In realtà non era spaventata, la sua bambola. Non aveva pianto. Era rimasta uguale a se stessa, come la mamma. Avevano entrambe gli occhi azzurri, la testa scarmigliata.
La mamma era ancora sdraiata sul pavimento, immobile, addormentata. L’unica differenza tra lei e Sara era che la bambola aveva gli occhi spalancati: vedeva, osservava, non le sfuggiva niente. Chissà se alla mamma, da sveglia, sfuggiva qualcosa. Qualche particolare importante. Comunque, rifletté Martina, è sicuramente più riposante dormire a occhi chiusi.
Martina si accorse, non appena ebbe completato quel pensiero, di avere sonno anche lei. Accantonò l’idea di adagiare Sara nella scatola grande e, tenendosela stretta al petto, si accucciò accanto alla mamma. Per un momento rimase seduta, a gambe incrociate.
La mamma era pallida, però perlomeno era serena. Aveva fatto bene a non insistere per svegliarla: aveva bisogno di starsene un po’ tranquilla.
Martina si sdraiò accanto a lei, le prese la mano. Le sue dita le parvero d’un tratto creature flaccide e informi. All’improvviso ebbe paura di quelle mani così arrendevoli. Gliene strinse una, intrecciandola alla sua, ma la mamma non reagì carezzandole il dorso della mano con il pollice come era solita fare.
Martina si staccò dalla mamma sobbalzando.
Prese Sara e la mise tra sé e la donna. Sistemò la mano della bambola sotto quella della mamma.
Poi rimase a occhi spalancati, distesa sul pavimento. Meglio dormire a occhi aperti, dopotutto.
Non voleva che le sfuggisse niente. Non le sarebbe più sfuggito niente.