Gli impreparati alla vita, come Giulio.
Anna, che di professione fa l’assistente sociale, ma se facesse altro, tipo rappresentante di tanga e ragazza cubo sarebbe meglio, mi ha detto: “Tina, cosa credi, guarda che Giulio ha quarantatré anni”.
Quarantatré, ma come quarantatré, ne dimostra più di sessanta, pensavo io.
Giulio ha dentro secoli, ma questo io non lo sapevo.
Io volevo sapere chi fosse, ringraziarlo, per questo avevo chiesto di lui a quell’oca di Anna.
(incipit)
”Ha avuto un trauma, sai?”
Aveva l’aria soddisfatta, mentre lo diceva. Appagata da questa sua diagnosi spicciola.
Un trauma spiega tutto, no? Anche i serial killers ne hanno avuto di certo uno. E bello grosso.
Ma Giulio non è un assassino.
Non quel tipo di assassino, almeno.
(Gea Polonio).
Non uno che avesse scelto di ammazzare qualcuno insomma, ma uno che ci si era trovato perché la vita, chissà perché, ce lo aveva portato, proprio lì, in quella famiglia, in quella cucina, quella sera.
Perché di un ragazzino sconvolto, che afferra il coltello della cucina e che, con un colpo solo, uccide il padre che da una vita ammazza di botte moglie e figli, tutto si può dire, ma non che sia un assassino.
(Elena del blog motivixalzarsialmattino.splinder.com/)
primo contributo
Ma gli anni avevano lavato via il sangue di quello scannatoio. Niente terapie, solo la coscienza di sé stesso. Di poter tornare a esistere, a spuntare qualcosa nel gratta-e-vinci della vita.
Ma all’improvviso Anna. Quel bastone tra i raggi, per lui che faticosamente aveva ripreso a pedalare.
secondo contributo.
“Una mela non cade lontano dal melo”, aveva detto la gente, commentando il fattaccio di cronaca. Se il padre era una bestia d’uomo, il figlio non poteva essere una pasta di ragazzo. Nessuna pietà, se non qualche accenno sparuto dai più benevoli. Giulio era stato per tutti “quel poveretto finito al riformatorio”. Si capivano le motivazioni del gesto cupo e rabbioso, ma si considerava in fondo la storia un pessimo romanzo d’appendice. Roba da bassifondi. Non solo un’Anna, nella vita di Giulio: una teoria. A partire da Suor Caterina.
Terzo contributo.
Dove fosse poi sparito per tutti quegli anni dopo l’Istituto, non era stato possibile saperlo con certezza, aveva detto Anna. Di sicuro si era comunque tenuto lontano dai guai, perché di lui non si era più saputo niente, e per una vita iniziata in quel modo, non era cosa da poco.
Che poi avesse dentro tante altre vite, accumulate confusamente, una sopra l’altra, lo si capiva guardandolo negli occhi, per chi avesse avuto voglia di guardare negli occhi un uomo come Giulio.
Uno che faceva del suo meglio per passare inosservato e che però, quella sera, nel parco, non aveva esitato a correre in mio aiuto.